Le coincidenze a volte sono segnali. Cinquant’anni fa moriva Luigi Tenco (1967), e quest’anno il Club Tenco, che porta il suo nome cala il sipario sulla gestione passata. Non senza lutti e dolori.
Cosa è successo? In una frase: c’è una guerra in corso combattuta con la cassa di risonanza dei giornali. Le prove a Sanremo erano iniziate a febbraio: se le cantavano e se le suonavano dietro le quinte. Poi la tregua. Mesi di silenzi e incapacità di comunicare hanno inasprito i rapporti del direttivo del Club Tenco. Adesso lo spettacolo è pronto per esordire in pubblico. E fin da subito promette bei colpi di scena. Roba da far invidia allo scampato golpe turco! Ecco la trama. Che mentre scrivo è incompiuta.

Crediti Foto Mauro Vigorosi
Il responsabile artistico del Club Tenco in carica da venti anni, Enrico De Angelis, si è dimesso per poi chiedere le dimissioni del collettivo rimasto in carica. Cosa questa, che se fosse avvenuta gli avrebbe permesso di andare a nuove elezioni, facendo fuori qualche testa. Ma gli altri titani non lo hanno seguito e il suo posto è stato preso da Sergio Secondiano Sacchi. Il quale, agendo in concerto col suo direttivo, in cui ripone totale fiducia, ha manifestato l’intenzione di cambiare rotta per dare nuova linfa al Tenco.

De Angelis coi suoi fedeli – tra i quali la coppia che gestiva il lavoro di ufficio stampa nel Club – ha quindi dichiarato guerra mediatica innescando la macchina del fango. La stampa come grancassa di risonanza, diventa così l’arma preferita. In trincea giocano i soci di maggioranza, che confermano la fiducia al nuovo direttivo. E circa 50 dissidenti, molti dei quali entrati solo negli ultimi anni nell’associazione.
Ieri sera arriva una bomba: il monito del direttore de L’Unità Sergio Staino, storico amico del Club. E’ uno schiaffo morale che riportiamo per intero.

AI 50 DISSIDENTI lettera aperta di Sergio Staino
Ho letto con molta attenzione questo documento perché, lo confesso, non avevo capito assolutamente nulla delle ragioni di fondo per cui si è arrivati a questa spiacevolissima rottura. Sono sempre stato dell’avviso che chi rompe con un’istituzione che ha contribuito a far crescere ha potenzialmente sempre torto. E’ per questo mio convincimento che non mi sono mai dimesso né dal Partito Comunista, né dai DS, né tanto meno oggi dal PD. Credo quindi che anche in questo caso sta a coloro che se ne vanno dimostrare con precisione e serietà totale le ragioni concrete che rendono la rottura ineluttabile. Immaginatevi quindi con quale curiosità e attenzione mi sono letto il documento dei 50 soci che chiedono le dimissioni dell’attuale direttivo. Tra questi ci sono tantissimi amici o comunque persone che ho sempre stimato e a cui voglio ancora molto bene e a questi con sincerità e affetto chiedo: vi sembrano motivazioni valide quelle a cui ancorate la vostra uscita?
Non ho mai letto un documento più fumoso, generico e superficiale di questo. Tutto allusioni, accuse generiche, valutazioni superficiali, fino alla perla finale in cui si porta a riprova della degenerazione dell’attuale direttivo i tanti giudizi negativi che si trovano sui social. Ragazzi, ma vi rendete conto che se chiunque di noi stesse dietro alle valutazioni dei social, ogni due o tre giorni dovrebbe prendere una pistola e spararsi alla tempia? Vi rendete conto che i social sono il luogo più mistificatorio che la contemporaneità è riuscita a creare, zeppo com’è di falsità e di indegni scarichi di intolleranze e invidie? E voi mi portate i giudizi dei social come prova della responsabilità del direttivo. Non c’è un unico elemento concreto che possa mettere sotto accusa i membri dell’attuale direttivo, né sui collegamenti col festival di Sanremo, né sulla subalternità all’industria privata, né sulla validità di certe scelte. Ragazzi, o parlate chiaramente e portate prove altrimenti non credo che si possa seriamente prendervi in considerazione.
Personalmente conosco assai bene sia Sacchi che De Angelis, li ho sempre amati e stimati e penso che ognuno di loro abbia le potenzialità di essere un ottimo direttore artistico del Tenco. Purtroppo Enrico se ne è andato e così facendo, a meno di prove solide e contrarie, ha fatto un grave errore. Adesso serietà vorrebbe che vi zittiste e lasciaste lavorare in pace il nuovo direttivo facendovi sentire solo il giorno in cui, con prove concrete in mano, dimostrerete un effettivo atto criminoso che il direttivo possa aver fatto nei confronti della linea storica del Tenco. Quel giorno, ovviamente, sarei con voi.
Con affetto e rammarico.
Sergio Staino
E così il noto vignettista si fa portavoce di quel pubblico muto che da qualche giorno sta seguendo la faida su giornali e su Facebook, ammettendo di non capirci niente. Un pubblico ormai straziato nel vedere quanto odio si sia accumulato negli anni tra gli eredi artistici della prestigiosa rassegna, e le code di guelfi e ghibellini al seguito. Una guerra speciale. Una guerra tra intellettuali. Che impone a fine battaglia di domandarsi se la cultura sia stata uno strumento di crescita per gli operatori culturali. O un mero bidone vuoto da svendere ai nostalgici del secolo breve. E’ una delle domande da porsi senza urgenza in questo secolo. Prima abbiamo da interrogarci sulla siccità. Per esempio.
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