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sabato, Settembre 7, 2024

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Daft Punk, il mistero del Tour 2017

di Elena Nesti

Nel 2016 appare un sito dal nome “Alive 2017“, in cui si parla di un possibile tour mondiale dei Daft Punk. Poco dopo lo stesso sito viene soppresso.
Poi qualche giorno fa, questa volta un video, sempre dal titolo Alive 2017, appare su Youtube, prima pubblicato da un canale dal nome “4162016211411” e, poco dopo, bloccato.

Il video era molto vicino all’estetica-Daft Punk: neon futuristi e suspence, una serie di numeri misteriosi che appaiono nel video stesso. I fans si fiondano sui GPS dei loro telefoni. La rivelazione: si tratta di un punto nel deserto del Chad. Evidentemente, la location della data zero del tour, che i loro beniamini avranno pensato di comunicare solo a quei pochi eletti (si certo, all’epoca di Twitter poi…) che avrebbero perseverato nella risoluzione dell’enigma.

Poi, una tesi ancora più folle. Alcuni fans interrogano subito l’oracolo riguardo i numeri presenti nella descrizione del video, il quale oracolo (Google Maps, probabilmente) rivela che corrispondono alle coordinate geografiche di otto città: Parigi, Los Angeles, Londres, New York, Tokyo, Indio e Ibiza.

I Daft avrebbero comunicato cosi segretamente le tappe del tour 2017?
Non giudichiamo, che quando i numeri e la simbologia si mettono in mezzo, diventiamo tutti un po’ credenti (o creduloni): 1997 e 2007 sono gli anni degli ultimi concerti dei Daft Punk, 7 numero magico e cosi via…
Un conto alla rovescia, una data, otto città: elementi che, addizionati, oggi come non mai accelerano i nostri battiti cardiaci. Un attacco terroristico mondiale multisituato? L’apocalisse?

Eccoci, i Daft Punk stessi postano sul loro instagram il logo del fu-sito, poche ore dopo la sua scoperta. Una mossa da veri geni della comunicazione, che non fanno altro che riappropriarsi della notizia che ha creato il colossale rumour mediatico. Poco importa che la notizia non sia vera. Infatti non lo è.

È opera di un internauta molto capace, cosi capace da lavorare come un professionista nello web content.

Mentre ridiamo della credulità altrui (ammettete, state compatendo i soliti fans poracci), proviamo anche a domandarci: esiste sempre una frontiera tra contenuti professionali e non?
Siamo in piena era dell’estetica del fatto in casa, per la quale è figo un account che non è altro che un numero, con numeri capitati li per caso nella descrizione (vi ricordate quando non eravamo ancora tutti dei falsi-pro e ci rendevamo conto che avevamo irreversibilmente lasciato il codice assegnato dalla fotocamera al video, dopo ore di upload su YouTube, magari con una connessione a manovella?).

I fans sono solo “consumatori ciechi” o hanno oggi un potere un po’ più importante, quello di scegliere di mediatizzare anche un contenuto “simile”, portandolo in alto perché coerente con la visione del gruppo eletto? Motori di ricerca e dichiarazioni enigmatiche non fanno un po’ troppo presto a nutrire le nostre mitologie contemporanee, o addirittura a rimetterle oggi al centro delle nostre vite ?
Ridete, ridete…

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