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venerdì, Ottobre 4, 2024

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Benvenuti a casa Brachetti – La realtà è “SOLO” immaginazione

di Paola Pellai

Non accontentatevi di vedere, andate oltre. Immaginate. Liberate la fantasia, non state passivamente affacciati ad una finestra a “subire” il passaggio delle stagioni. Vivete il vostro tempo, buttatevi dentro, cambiandovi in continuazione d’abito ma non svestendo mai quello dei ricordi. E aprite la vostra casa perché sia di tutti, tranne una sola stanza, il rifugio dei vostri pensieri. “Solo”, la nuova avventura di Arturo Brachetti, è partita dal teatro Openjobmetis di Varese, a quasi due anni di distanza dal grande successo di “Brachetti che sorpresa”. E’ il ritorno al “one man show”, 90 minuti adrenalinici, con giochi di luce, effetti speciali, musiche, costumi e voci che “cambiano” la realtà in fantasia. E viceversa.


Brachetti, alla soglia dei 60 anni, si propone in quello che è il suo show più intimamente… pubblico. Ovvero si racconta nei suoi ricordi d’infanzia e di famiglia, nella sua voglia di amore e di poesia e lo fa portando in scena 50 nuovi personaggi (da aggiungere ai 350 in archivio), tra Magritte e la musica pop, passando per le favole e Matrix. E’ sempre lui il principe del trasformismo, capace di entrare nel Guinness dei Primati come il più veloce “changer” al mondo e restando un esempio assoluto di dedizione e passione.

La “prima” di Varese è stata preceduta da due mesi di ritiro quasi maniacale, dove ogni particolare è stato studiato e provato: luci laser, effetti “magici”, porte “favolose” che si aprono e chiudono nella meraviglia, musica, voci e canzoni… E quei costumi che diventano uno, nessuno e centomila. Spogliato e rivestito. In nanosecondi che ti lasciano l’inspiegabile mistero di come sia possibile “trasformarsi” in così tante vite nello spazio di un lungo respiro.  “Sono contento – mi ha raccontato  subito dopo lo spettacolo -, il battesimo ti fa andare oltre le tue stesse forze fisiche. Poi con le repliche impari a capire dove puoi risparmiare qualche energia, ma la “prima” è proprio esplosione allo stato puro”.

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E’ lì, all’uscita del camerino, con il suo fisico asciutto e la sua faccia da Tintin ad incontrare chi vuol regalargli il suo “grazie”. C’è chi è giunto da Torino, c’è un clown con la stessa magia negli occhi, una bimbetta accompagnata dalla mamma, una ragazza che gli ricorda di averlo incontrato in un ristorante un anno fa…  “Ormai ho quasi dimenticato la carne – spiega Arturo -, ma i dolci sono il mio carburante. Gli zuccheri sono premio ed energia nello stesso tempo”.

Chi segue Brachetti sa che questo è il suo lavoro più completo ed autobiografico. Attraversa il tempo della sua esistenza (c’è la macchina da cucire della mamma, il suo peluche preferito, il giardino con l’auto parcheggiata, il cappello del nonno che racchiude 20 personaggi, i quadri immortali alle pareti) ma è anche un itinerario nella sua storia professionale, attraverso le altre affascinanti discipline in cui eccelle: le ombre cinesi, il mimo e i poetici disegni sulla sabbia.

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SOLO di e con Arturo Brachetti – Il nuovo One man Show

Sul palco la sua compagna è quella casa di legno, via via illuminata in ognuna delle sette stanze in cui Arturo vuole farci entrare. Il viaggio simbolico nella casa rappresenta quello di ciascuno dentro se stesso. “Ognuno di noi ha una casetta così nascosta nel proprio cuore – dice Brachetti -, solida come un castello o fragile come un origami”. Un posto segreto, senza presente, passato e futuro, in cui conservare sogni e desideri che sono speranza e meraviglia.

Benvenuti nella mia casa” ci invita Arturo ed è un’abitazione  costellata da influenze disneyane, dalle sue maschere, dai personaggi di Tim Burton e dai libri pop up di Alice nel paese delle meraviglie. “È una casa senza luogo e senza tempo – spiega -, abitata solo dei miei personaggi, i miei sogni e le mie sorprese, è un luogo magico dove il sopra diventa sotto e le scale scendono per poi salire”. Perché come sostiene da sempre Arturo “è la realtà immaginata quella che ci rende più felici“. E così quella casa diventa anche un inno a non abusare del telefonino, a non farci schiacciare dalle volgarità del web, ad avere rispetto per le nostre idee e quelle degli altri, a non dimenticare il passato ma ad aver sempre voglia di dare un senso al tempo riempiendolo di futuro, senza far vincere la malinconia.

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Raphael Gualazzi – Lotta Things

Per questo gli oggetti del passato sono abbinati alla luce del futuro e il senso della vita resta musica. Da cantare, ascoltare, ballare. Strappa applausi a scena aperta quella carrellata di trasformazioni incredibili che trasforma il palcoscenico in un jukebox: da Pavarotti ai Beatles, da Madonna a Freddy Mercury, da Michael Jackson ad Elvis Presley, costumi, passi e movenze… Magico. E non è un caso se Raphael Gualazzi lo ha voluto come protagonista nel video del suo ultimo singolo, «Lotta Things», sulla frenesia e il consumismo dei giorni moderni. Brachetti è l’uomo che accetta la sfida del tempo: lo rivolta come un calzino e lo trasforma in continuazione. Senza farsi cambiare. Nel suo “essere” più profondo. Questa, forse, è la sua vittoria più bella.

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