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sabato, Settembre 7, 2024

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Christine and The Queens, il genio francese che sta conquistando gli USA

di Elena Nesti

Se in Italia ci guardassimo intorno curiosi di scoprire nuova, bella musica, Christine and The Queens sarebbe già suonata dalle radio e copiata dai produttori.

Per ora invece, di questa 28enne francese abbiamo solo un servizio fotografico pubblicato sabato 24 settembre su D-La Repubblica, in attesa che l’uscita negli Stati Uniti, avvenuta il 16 ottobre, porti qualche eco anche fino all’italico paese.

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L’album è uscito in inglese, come già avvenuto ad inizio anno in Inghilterra, ma si tratta di una traduzione e di un riadattamento del suo Chaleur Humaine, che, prodotto dall’etichetta indipendente Because Music, ha letteralmente spopolato in Francia nell’ormai lontano 2014, grazie a dei pezzi sia in francese che in inglese che in entrambi le lingue.

La sua scrittura in francese, semplicemente geniale – il suo inglese non è il risultato di un buon orecchio utilizzato alla meno peggio: figlia di un professore di inglese, Héloïse (questo il suo nome all’anagrafe) usa la lingua con una sua personale ironia, percepibile anche nei suoi tweet e nelle sue interviste dall’accento british. Per iniziare, però, vi consiglio di ascoltare il suo singolo-manifesto in francese, Christine (26 milioni di visualizzazioni, per dire), approfittando poi di volenterose traduzioni in italiano su YouTube.

 

[youtube id=”rs40yxHjTxQ”]

 

La ricetta: scrittura brillante e auto-ironica, portata all’ennesima potenza dalla sua immagine. Niente trucco, vestiti unisex, Christine non cerca di conquistare omologandosi a un’ideale femminile e ponendosi come oggetto del desiderio, al contrario cerca di parlare come soggetto desiderante, promuovendo il gender-fluidity, ovvero la possibilità per ognuno di recitare (perché questo fa ognuno di noi) un’identità femminile o maschile o altra.

“I’ve got it. I’m a man now” nel brano ‘iT’ immagina di riuscire un’immaginaria trasformazione in uomo, con l’acquisizione dell’attributo maschile, appunto iT con la T volutamente maiuscola, per poter infine accedere ai privilegi che non ha in quanto donna.


Ma l’immagine di Christine and the Queens è soprattutto associata alla danza che porta in scena: un hip hop “French Touch”, ovvero con influenze di danza contemporanea e una cosciente discendenza da uno dei re dell’ambiguità, tale Michael Jackson, principale ispirazione della coreografa Marion Motin come anche di Christine.

Il risultato : qualcosa di mai visto o sentito prima di adesso.

Un videoclip blu, uno rosso. Un’immagine che diventa forte senza aver bisogno di passare dall’eccesso.

Non per questo Christine critica o si pone come antitesi a pop-star come Miley Cirus o Beyoncé, che scelgono di affermarsi come soggetti della propria sessualità mostrando il corpo. Anzi, appassionata di pop e di rap americano, Christine dialoga con le star oltroceano: cita Kanye West in una ripresa in francese, si esibisce live in una cover di “Sorry” di Beyoncé, duetta con Elton John, che non è l’unica star folgorata dalla sua genialità.

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E poi anche lei, Madonna, che l’ha invitata sul palco durante il suo concerto a Parigi di dicembre 2015, dopo aver ripreso dal suo video-clip “Saint-Claude” l’idea di lievitare per il finale della sua performance ai Grammy’s 2015.

Christine and the Queens è insomma riconosciuta da tutti come un fottuto genio, approdato al pop dopo aver studiato regia teatrale alla Normale e sopratutto dopo che le hanno impedito di partecipare a un concorso di regia perché donna.

Eppure la costruzione del personaggio di Christine viene solo in seguito a qualcosa da comuni mortali come una delusione amorosa, che la porta a conoscere tre travestiti in un club di Soho, le Queens, favolosa presenza-assenza nel suo progetto.

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Christine non è una pura costruzione, ma, come dichiara in quest’intervista, è il lato più vero e spavaldo di se stessa, che le permette di essere se stessa fino in fondo, in barba alle convenzioni.

Soprattutto per noi in Italia, una bella lezione di come auto-rappresentarsi mediaticamente uscendo dal bivio “puttana” o “suora” e dimostrando che una donna può essere più cose, anche un David Bowie con abito alla Serge Gainsbourg.

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