di Sandor Von Mallasz
Sono stato al Future Music Forum a Barcellona la scorsa settimana e ho, anzi, abbiamo imparato che una delle figure professionali emergenti è quella del playlist manager e/o curator.
Nulla di nuovo sotto il sole.
Si tratta del tradizionale concetto di tastemaker (per i profani questi rappresenta la figura di coloro che plasmano e condizionano i gusti, che decidono ciò che è accettabile o di tendenza) che in questi tempi la rete e le piattaforme di streaming ne amplificano le potenzialità, trasformandolo in un ruolo centrale per le nuove economie.
Su cosa prosperano?
Sulla capacità di essere versatili.
Di saper ricercare all’interno di una grande quantità di musica e proporre selezioni mirate, a seconda della tipologia e del pubblico a cui rivolgersi.
E soprattutto sull’essere DIVERSI e UNICI.
E tutto ciò non significa fare le educande, bensì proporre il giusto mix di successi e musica emergente che sia coerente con la direzione prescelta.
Cercando di non essere uguali a tutti gli altri.
Insomma tutto il contrario dei programmatori delle radio, che a quanto pare si stanno consolidando sulle hit generaliste in ogni territorio, finendo per proporre la stessa identica musica nella maggior parte dei casi.
Certo, la logica del broadcasting è diversa.
Hanno il grande pubblico dalla loro parte.
Ma, a quanto pare, comprendono sempre meno il loro gusto.
Chissà perchè mi fa venire in mente l’ascesa di Steve Jobs nel music business, quando ci penso.
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