di Paola Pellai
Domenica 25 settembre al Teatro Sociale di Luino (Varese) la regista Lina Wertmuller (di cui già avevamo parlato in un articolo in occasione del suo recente compleanno) riceverà il Premio Chiara alla carriera.
E siamo certi che lo scrittore de La stanza del vescovo (trasformato in un magistrale film da Dino Risi con Ugo Tognazzi ed Ornella Muti) applaudirebbe la scelta. Un Gian Burrasca lui (prima bocciatura in terza elementare), una Gian Burrasca lei, capace di farsi cacciare da 11 scuole tra ginnasi, licei, magistrali. Piero e Lina: stessa audacia, stessa introspezione psicologica dei personaggi, identico sorriso ironico nel raccontare la quotidianità in maniera spregiudicata ma mai irrispettosa.
La Wertmuller ha da poco compiuto 88 anni e non ha diminuito di una sigaretta la sua massiccia dose di fumo quotidiano. La sua voce roca contrasta con il suo sorriso di donna forte e serena. Non riuscirete ad oscurarglielo neppure facendole notare che, favorita all’Oscar alla carriera, la statuetta gliel’ha strappata dalle mani con un colpo di Kung fu (Panda), il Karate Kid cinese Jackie Chan, 62 anni, attore, regista, esperto di arti marziali e, a stima della rivista statunitense Forbes, anche il secondo attore più pagato al mondo: 61 milioni di dollari incassati fino ad agosto.
Lina se ne frega di quell’Oscar che “sentiva” non le sarebbe mai arrivato. “Per me i veri premi – spiegò giusto un anno fa riguardo agli Awards – sono tutti i lavori che riesco a portare in scena”. Già, perché lei ferma non riesce a starci. Il lavoro di scrittura, di regia e pure di recitazione resta il ciak costante delle sue giornate.
Sul palco sono ancora applausi quando recita “Un’allegra fin de siécle”, un festoso e acido viaggio nel Novecento raccontato attraverso la sua ottica dissacrante.
Ora ha allargato i confini della sfida con “Peccati di allegria in una serata napoletana” che ha avuto il suo battesimo domenica 18 settembre in una sala del Maschio Angioino a Napoli, ed è stato replicato il giorno seguente, ricorrenza di San Gennaro, patrono della città. “Per me è stata una festa nella festa – ricorda Lina – Sono perdutamente innamorata di Napoli. Nei miei lavori questa città con le sue storie, la sua cultura, i suoi uomini e le sue donne, è sempre stata un punto di riferimento. E quando un anno fa mi hanno fatto cittadina onoraria di Napoli per me è stato più che conquistare un Oscar”.
E spiega il senso del suo nuovo lavoro teatrale: “Ho sempre pensato che la musica sia l’anima segreta di un film, capace di suscitare con la sua forza misteriosa le emozioni dello spettatore, elevando spesso il racconto per immagini a vera poesia. Sono infinite le scene o i film passati alla storia proprio grazie alle ali magiche di una bella canzone o di una melodia che ci resta nel cuore anche molto tempo dopo aver assistito allo spettacolo cinematografico”. Lina fa un esempio a colpo sicuro: “Basta ricordare la leggerezza malinconica di un classico americano come Colazione da Tiffany per ascoltare immediatamente dentro di noi la voce delicata e struggente di Audrey Hepburn cantare Moon River”.
Il nuovo spettacolo è un mix di ricordi e riflessioni, “in una narrazione – sottolinea la regista – arricchita dalle immortali canzoni del cinema e della cultura partenopea, interpretate dall’intensa e profonda voce della cantante e attrice Nicoletta della Corte, accompagnata al piano dal Maestro Andrea Bianchi”.
Lina domina il palco per quasi due ore, seduta su una poltrona, a piedi scalzi e con le unghie laccate di rosso. Legge recitando e la sua voce è cinema che si fa poesia. Non sente la stanchezza e non la sente neppure dopo, quando, a cena, ci resta fino alle 3 di notte condividendo del buon bianco, una pizza e pure un’orata alla griglia.
Questa è la forza della Wertmuller che entrò nel cinema come aiuto regista di Federico Fellini e oggi conserva la stessa voglia di mettersi alla prova. Senza malinconie, misurando le energie del fisico ma non quelle della passione. Una trascinatrice, generosa ed affettuosa. La regista di film che non invecchiano, proprio come lei: “Pasqualino Settebellezze”, “Mimì Metallurgico ferito nell’onore”, “Travolti da un insolito destino nell’azzurro mare d’agosto”, “Film d’amore e d’anarchia”…. Film grotteschi e non commedie all’italiana, come rimarca sempre lei: “Amo deformare la realtà perché solo così riesco a raccontarla. Il grottesco è pieno di eccessi, rappresenta meglio la mia esistenza”. E a voler vedere bene anche tanti personaggi di Piero Chiara, lo scrittore del lago Maggiore, avevano “dentro” il grottesco della vita di provincia. E questo piacerà a Lina.
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