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giovedì, Dicembre 5, 2024

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BATTISTI, IL PROFESSORE, LA BIMBETTA E IL FASCISMO

di Renato de Rosa

La storia la sapete.
In una scuola media di Genova il professore di musica sta parlando di Lucio Battisti, una ragazzina interviene chiedendo se è vero Battisti fosse fascista e il professore le appioppa un bel quattro e una nota sul registro.

Questo almeno è quello che raccontano i giornali e se c’è una cosa che ho imparato nella mia lunga è orribile vita è che il 90% di quello che viene scritto sui giornali è falso. Ma facciamo finta per qualche minuto che sia tutto vero, che le cose siano andate proprio così come ce le hanno raccontate.

Incominciamo col dire che Lucio Battisti – in base alle testimonianze di chi gli è stato vicino – non era fascista: la bufala si diffuse per un paio di coincidenze. Una foto in cui col braccio alzato dava l’attacco all’orchestra, gesto spacciato per saluto romano, e la casuale espressione della canzone LA COLLINA DEI CILIEGI (il cui testo era peraltro di Mogol) in cui si parla di “boschi di braccia tese”.

Così Battisti divenne per l’immaginario collettivo un “fascista” anche perché, diciamolo, si era negli anni sessantottini e la canzone “doveva essere impegnata”: chi non faceva canzone militante era automaticamente “fascista”.

Dunque Battisti non era fascista, ma anche se lo fosse stato sarebbero stati fatti suoi: in Italia le opinioni non sono reato e meno che mai se non sono espresse.

Ma supponiamo anche, cosa assolutamente non vera, che Battisti sia stato dichiaratamente fascista: tutto ciò avrebbe fatto parte della sua sfera personale, niente a che vedere con la sua arte.

La storia è piena di straordinari artisti che ebbero vite discutibili, da Caravaggio a Benvenuto Cellini, ma forse questo sminuisce i loro capolavori?

Il più grande poeta del ‘900, Jorge Luis Borges, non ebbe mai il Premio Nobel per lo stesso motivo per cui Battisti fu messo all’indice: nell’epoca della contestazione fu additato anch’egli come fascista!

Lucio Battisti tutto questo ignobile sistema l’aveva capito e aveva fatto una scelta bel precisa: quella di parlare solo attraverso la sua arte e di sparire come uomo, rifiutando coerentemente qualsiasi contatto con i mass media e con i suoi fan. Lui per il suo pubblico voleva parlare solo attraverso le sue canzoni.

E, chiudendo il cerchio, torniamo alla vicenda di Genova.
Immaginate un professore di Storia dell’Arte che parli di Botticelli e una ragazzina che intervenga chiedendo se davvero Botticelli era gay. Irritante, vero?

Altrettanto irritante la domanda su Battisti fascista.
Il professore ha dato una grande lezione alla bimbetta: le ha insegnato a non confondere l’artista con l’uomo e l’arte col pettegolezzo. Ne faccia tesoro la mocciosa.

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