di Giuseppe Santoro
Più di una volta mi sono trovato a leggere e condividere gli articoli di Michele Monina, un apprezzato scrittore e recensore di musica per un quotidiano rinomato, “professionista della penna” che trovo quasi sempre arguto e ironico al punto giusto.
Però, dai pareri espressi nell’ultimo pezzo riguardante i The Kolors, non posso che dissentire.
Capiamoci, non certo perché non abbia ragione a dire che troppo spesso dai talent escono fuori “personaggi di cartone“. A parte rari casi in passato, più che talenti, direi amici e parenti dei potenti (scusate ma dopo l’articolo su Jovanotti sono ancora in fase Rap), ovviamente senza arte né parte. Spesso fenomeni di un’estate, altre volte durature prese per i fondelli che ci propinano ogni 2-3 anni, magari con un singolo che passa in radio e un album che non funziona, ma che trovano il modo di “propinare a forza” e farlo funzionare lo stesso.
Ma non è questo il caso del gruppo vincitore di Amici edizione 2014/15. I The Kolors sono bravi e la loro musica può piacere o meno, ma almeno “se la suonano” da loro e per davvero (cosa rara di questi tempi per chi esce dai talent); loro la scrivono, loro la arrangiano, loro lavorano in studio (il frontman, Stash, che è un polistrumentista, è nato e cresciuto in uno studio di registrazione, dove il padre lavora da sempre).
Fanno indubbiamente della musica internazionale (e hanno anche una “immagine” internazionale, che non è poco), magari non originale se si tiene in considerazione il panorama estero a 360 gradi, ma il loro modo di fare musica rispecchia questo “momento musicale“, perchè loro sono figli di questa epoca, l’epoca della “globalizzazione”.
Certo, vorrei ben capire quale sono le vere doti vocali di Stash, dato che per tutta l’edizione l’ho sentito con la voce “effettata”, con l’harmonizer a manetta, situazione che, a dir il vero, da un lato forse ha “tolto“, ma dall’altro ha invece “caratterizzato” il sound del gruppo.
La vincita era sicuramente “ovvia“, ma va detto che mia nonna, mentre recita poesie in dialetto, sta sul palco meglio di Briga, dunque il gruppo casertano sotto questo aspetto ha avuto davvero vita facile.
Detto questo e tornando all’articolo del “recensore di cui sopra“, sono in disaccordo anche sulla citazione e l’invito all’ascolto dei Maroon 5, come se Adam Levin fosse il portatore moderno non so di quale musica rivoluzionaria all’interno del funky.
L’impressione è che, certe volte, si esagera a prescindere nelle valutazioni, ci si scaglia contro tutto ciò che non ha le “caratteristiche” della musica Made in Italy, anche se in Italia viene prodotta…ci si scaglia contro chi cerca di avvicinarsi a quello che fanno “altri” fuori dall’Italia.
I The Kolors di talento certamente ne hanno e speriamo che sappiano sfruttarlo a dovere, senza cadere, dopo qualche anno, nel “solito mainstream” dell’attuale musica italiana.
Poi che io vorrei sentire qualche testo impegnato e vedere qualche cantautore vero in giro, è un altro discorso…
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P.S. Nel momento in cui veniva scritto questo articolo, sono arrivate delle notizie di un eventuale Tour Americano dei The Kolors (che non sono novellini nei Live, suonano sui palchi da diversi anni) organizzato dalla Live Nation America, visto che delle emittenti radiofoniche di Los Angeles stanno trasmettendo a manetta brani della band e sembra che ci sia un riscontro di pubblico.
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