Il 18 maggio di ventisette anni fa moriva Enzo Tortora.
Non so quanti organi di informazione, giusto ieri, lo abbiano ricordato, ma io lo voglio fare qui, oggi, sul nostro blog.
Ho bisogno di farlo, non solo per onorare la sua memoria, ma perché Enzo Tortora ho avuto modo di conoscerlo, di parlarci e di ammirare le sue qualità umane e professionali. Per i più giovani, che non erano ancora nati quando lui subì un’accusa ingiusta e terribile che sconvolse la sua vita, fino a portarlo alla morte, è importante che sappiano di che livello morale fosse Enzo Tortora. Solo a guardarlo negli occhi, era impossibile pensare che fosse stato capace di fare le cose di cui era stato accusato.
Venne arrestato con l’accusa di associazione a delinquere, sulle dichiarazione di alcuni pregiudicati, uno di questi era noto per aver ucciso in carcere un altro malavitoso, ovvero Francis Turatello.
Ma la cosa più ridicola, ammesso che si possa passare questo termine, fu che l’accusa si basava soltanto su un’agendina trovata in un appartamento di un camorrista, dove appunto c’era anche il cognome “Tortora”. Ma lasciamo stare, non rinvanghiamo tutto l’iter del processo, la levata di scudi a suo favore da parte di persone di grandissimo livello intellettuale come Enzo Biagi e Giorgio Bocca, lo sbigottimento della stragrande maggioranza degli italiani nell’assistere a un’ingiustizia e a un delitto morale di tale portata.
Io ho un dolcissimo ricordo di Enzo Tortora, e lo descriverò nella mia biografia Fare Canzoni, quando appunto ebbi modo di conoscerlo.
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