di Athos Enrile
Circa tre anni fa, il mio amico Pino Tuccimei mi parlò in termini entusiastici di un gruppo vocale che stava seguendo personalmente.
Se il nome Tuccimei suonasse nuovo -i più giovani sono perdonati- conviene fare un po’ di ricerca, per scoprire che, tra le altre cose, è stato tra i grandi manager/promoter degli anni ’70, e praticamente tutto il rock di quei tempi è passato attraverso le sue mani sapienti.
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L’ensamble che mi presentò, in occasione della prima edizione del FIM, ad Albenga, era ed è costituito da giovanissimi e talentuosi cantanti, che iniziavano a percorrere una strada fatta di brani inediti, con la naturale voglia di trovare uno spazio vitale, fatto di per sé legittimo, ma obiettivamente complicato. Eppure la tenacia e le capacità possono scardinare anche i più radicati luoghi comuni, e i JUST, questo il loro nome, camminano ad altissima velocità. Arrivati alle porte del Festival di Sanremo si sono dovuti arrestare, ma la sensazione è quella che il tutto sia solo rimandato.
Intanto le soddisfazioni arrivano: esattamente una settimana fa compariva su youtube il loro official video, “Dimmi Uomo Dimmi”, con il testo di Roberto Vecchioni: a tutto occorre dare un’unità di misura, e le 36000 visualizzazioni a cui il brano è arrivato hanno, credo, un significato preciso.
Ho provato a riproporre alcune domande, a distanza di tempo, e l’immagine del gruppo che ne deriva è a mio giudizio … confortante.
A fine post propongo il brano a cui ho accennato, un pop fine e d’autore.
L’INTERVISTA
Ciao Ragazzi, vorrei rifare il punto con voi, a un paio di anni dalla nostra conoscenza diretta al FIM di Albenga.
Prima di quell’incontro vi avevo posto alcune domande… ripropongo la parte finale. Domanda: ”Provate ad esprimere un desiderio musicale… cosa vorreste vi accadesse nei prossimi due anni? Risposta: “Emozionare, appassionare, lasciare il segno nella musica italiana e non solo (speriamo)”. Potete tirare le somme di questo periodo di intenso lavoro? Avete rispettato la tabella di marcia?
Crediamo che non sia ancora il momento di tirare le somme, sicuramente è stato un lavoro intenso di continua ricerca ed accorgimenti ma dobbiamo continuare senza sosta. Il nostro obiettivo era realizzare degli inediti che ci rispecchiassero al meglio, lo abbiamo fatto e possiamo ritenerci soddisfatti ma siamo solo all’inizio, il lavoro continua.
Tre anni sono un’eternità attorno ai vent’anni: quanto siete cambiati dai giorni dello start? Che tipo di evoluzione personale -e di gruppo- avete cercato?
Sì, tre anni sono tanti, la musica, come la vita del resto, è in continuo cambiamento, la cosa difficile è stata rimanere ancorati al momento storico che si stava vivendo: la sensibilità musicale cambia e bisogna essere in grado di coglierla senza perdere la propria natura. Oggi riteniamo che questo percorso sia stato propedeutico e ci abbia fatto maturare molto, sia personalmente sia come gruppo. Guardando indietro, di cambiamenti ce ne sono stati ma fa parte del percorso: è il “viaggio” che forma l’uomo, non tanto la meta. Rifaremmo tutto senz’altro. Oggi ci sentiamo più forti, ma non dimentichiamo le nostre “origini”: volare sempre basso!
Siete soddisfatti dei risultati ottenuti?
Al momento sì ma dobbiamo e possiamo dare di più.
So che vi siete avvicinati al Festival di Sanremo: delusi per la mancata partecipazione?
Abbiamo tentato, non è andata, un po’ di delusione è fisiologica, ma sapevamo che non sarebbe stato facile. Queste esperienze negative ci vogliono, insegnano e danno la carica giusta per dimostrare che nonostante le avversità si può raggiungere la meta.
L’ultimo brano che ho ascoltato, “Dimmi uomo dimmi”, ha un testo importante, firmato da un grande autore, Roberto Vecchioni: cosa si prova a “utilizzare” le liriche di un mito della nostra musica?
Un onore immenso! Roberto è un patrimonio indiscusso per la musica italiana. Quello che ci ha colpito del testo è stata la sensibilità e l’analisi verso una situazione drammatica che noi giovani stiamo vivendo: dare spesso importanza alle cose superflue e materiali, dimenticando così le virtù di ognuno di noi, vera essenza del nostro vivere, mentre il mondo che ci circonda va in rovina. Il testo ha un significato molto profondo.
“Gente di quasi città” è invece di Stefano D’Orazio -altro big- con una chicca strumentale, la presenza al sax del compianto Clarence Clemons, una star mondiale: possibile mantenere i piedi bel saldi a terra quando ci si trova circondati dalla storia della musica?
Ne siamo enormemente onorati. Sentire e leggere nomi così importanti nel nostro progetto fa girare la testa, ma non dobbiamo mai dimenticarci chi siamo e da dove veniamo perché siamo convinti che l’umiltà sia la chiave per lavorare sempre al meglio. Sì, sono la storia della musica ed è per questo che dobbiamo imparare da loro per comprendere al meglio il nostro presente e progettare così il nostro futuro musicale.
A proposito di storia e mantenimento degli equilibri… come si è evoluta la collaborazione con Pino Tuccimei?Pino è un mentore, un secondo padre, un grandissimo manager, non smetteremo mai di ringraziarlo per tutto quello che sta facendo. Crede in noi forse più di quanto noi stessi crediamo. Ci ha da sempre insegnato a restare umili, a credere nel proprio potenziale pur rimanendo sempre con i piedi per terra, a non farci abbattere dalle situazioni negative ma a vedere cosa possono insegnarci, a rispettare sempre tutto e tutti. Crediamo che nel nostro atteggiamento nei confronti della musica, c’è molto di lui.
Quali sono i prossimi passi ufficiali, quelli già pianificati?
Promuovere il lavoro svolto finora indubbiamente: radio, televisioni e live sono il nostro obiettivo principale, nel frattempo continueremo a fare musica e a migliorarci. La strada è lunga ed in salita.
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