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lunedì, Settembre 9, 2024

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Sapessi come è strano

di Nino Tristano Pirito
Qualche giorno fa, per motivi personali, sono stato a Milano. Sapessi come è stato strano.

Il Taxi che mi portava in via Fontana ha percorso strade e piazze a me molto note e foriere di bellie brutti ricordi.

Certo che in Piazza Cavour vedere che dove c’erta la EMI negli anni fine Sessanta e Settanta ora c’è, credo, un emporio di moda mi ha fatto un brutto effetto.

Al primo piano (se non ricordo male) del palazzo esattamente di fronte a quello cosiddetto “dei giornali”, avevo passato ore e giorni, quando ero un “artista” EMI che incideva su etichetta Parlophone (come i… Beatles della prima ora).
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Ho avuto, per qualche mese anche l’impressione di spiccare il volo. Quando – grazie alla generosità del Maestro Gino Mescoli – avevo potuto cambiare – gratis – casa discografica. Ed ero in corsa per partecipare al festival di Sanremo 1969 (ero stato prescelto, presentandomi non con la Style che non aveva risorse, ma con le Edizioni del Gallo di Reggio Emilia/Burani). Corsa, per inciso, fermata da Ezio Radaelli con improvviso cambio delle modalità regolamentari, nonostante fossi entrato tra i 32 della prima scrematura con 100 voti su 100 della Commissione.

Lasciato libero da Mescoli – grande e generoso uomo, oltre che musicista e direttore d’orchestra di livello internazionale – la EMI mi assunse e mi propose a Radaelli in coppia con Mary Hopkins (me dici… cotica) o, in alternativa, con Francoise Hardy (ari-cotica). Ma, niente. La potenza della RCA – per cui avevo inciso (ARC) il più brutto 45 giri della mia vita (Cento di questi dì, non mia, per il Festival delle Rose di Roma), dopo di che me ne andai (grazie Alberto Michelini, grazie Mario Cantini, Zeppegno, etc), grazie alla sua potenza la RCA la ebbe vinta.

Ma non è questo. E non è nostalgia canaglia. E’ solo un flash, indelebile, di anni duri ma belli, anche se già allora cominciavano le… difficoltà della discografia.

Un’ultima cosa: per “ricompensa”, la EMI mi invitò a Sanremo nei giorni del Festival. Giorni che vissi con l’angoscia dell’invidioso speciale. Debbo riconoscere che il livello fu più che buono (un’avventura, Ma che freddo fa, Se tu ragazzo mio; Battisti, Gabriella Ferri, Stevie Wonder ventenne, Nada). Ma nessuno mi ha mai tolto dalla testa che, se avessi partecipato con “No no no” (una sorta di sirventese semplice ed immediato) forse sarebbe andata bene. E ora sarei – sempre forse – considerato un “padre storico” della musica d’autore. Con il mio ultimo dei 4 album – “Suonate suonatori”, Fonit cetra, con Finardi, Camerini, Lucio Fabbri, Dario Guidotti, Gigi Belloni, un disco di contaminazione tra musica tradizionale italiana e rock “acustico” -ebbi grandi critiche (di Arbore in primis) e piccole vendite (1500 copie mi pare) conclusi la mia avventura di musicista e mi detti non all’ippica ma al giornalismo e – quasi subito – alla radio e alla tv private (quindi quasi all’ippica).

Mi restano collaborazioni importanti: con, tra gli altri, Franco Micalizzi, Jimmy Fontana, Carlo Pes, Ruggero Cini, Mescoli, Angel Pocho Gatti, Reverberi, Paolo Limiti, Wilson Simonal, F. Hardy, Morandi, Al Bano, Julen Clerc, molti francesi, i Brutos  persino (“Una bionda un po’ scema per quattro scemi che vanno a remi”). E tanti ricordi. Che me ne faccio?

 

 

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