Nel novembre del 1968, l’editore Mazzotta pubblicava la prima edizione di «Kitsch antologia del cattivo gusto» di Gillo Dorfles, che in breve divenne uno dei testi sacri internazionali sul mito dell’estetica pop. Il saggio è stato pubblicato in edizioni tedesca, inglese, americana, spagnola e giapponese. Nello stesso anno, in Polonia fu pubblicato il volume «O Kiiczu» di Andrzej Banach, che avendo una straordinaria affinità con il saggio di Dorfles, divenne un best seller in tutti i paesi dell’ Est. L’antologia di Dorfles, artista, docente di estetica di fama internazionale, scrittore e saggista triestino, vissuto fino a 107 anni, certificava il fenomeno Kitsch come:
“Operazione apparentemente artistica che surroga una mancante forza creativa attraverso sollecitazioni della fantasia per particolari contenuti: erotici, politici, religiosi, sentimentali. Un sistema conchiuso in sé stesso che si inserisce come un corpo estraneo nel sistema globale dell’arte, dell’estetica, della cultura e della comunicazione”.
Cinquantasei anni dopo, cioè oggi, la definizione del cattivo gusto di Dorfles ci appare ancora di straordinaria attualità. Basta accendere la televisione e vedere Jack La Furia elogiare i suoi concorrenti di X Factor dicendo in diretta:
“Bravi ragazzi. Siete tamarri ma vi voglio così”
Grande onestà intellettuale, dato che a fianco a lui c’è Manuel Agnelli che nella puntata scorsa indossava una camicia di pizzo bianco che sembrava un reperto vintage del guardaroba di Nilla Pizzi, e Paola Iezzi con un non specificato indumento di piume nere di struzzo e un copricapo con le corna da diavolo di carnevale che indossano i ragazzini alle feste di Halloween. A loro confronto, Cristiano Malgioglio sembra un’opera pop di David La Chapelle. Ma attenzione, purtroppo non è tornato di moda il Kitsch, che come scriveva Guia Soncini, “è solo una burinata consapevole e divertita”, siamo invece all’ apice del trash, che è “una burinata che si dà un tono”. Qui siamo oltre il cattivo gusto, siamo alla santificazione dell’ estetica tamarra. E’ meraviglioso vedere nel salotto della Gruber, il ministro Salvini sfoggiare una cravatta rossa praticamente identica a quella di Trump, sostenendo di fare un piacere estetico a sua figlia, così come la foto esposta a Piazza Pulita, che ritrae la lunga cicatrice sulla testa pelata dell’ex ministro Sangiuliano. In studio la si commenta pure: “E’ bella lunga, eh?” chiede Formigli alla presente Maria Rosaria Boccia che giustamente non risponde dato che c’è un’indagine in corso. La foto della cicatrice svetta sulla scenografia del programma sopra le teste degli ospiti, come un mosaico in Chiesa. Dunque la santificazione del trash non riguarda solo l’abbigliamento dei vip televisivi, va ben oltre. E’ ormai linguaggio, genere di costume, fenomeno culturale, tendenza di moda. Investe persino l’ambiente progressista dei diritti civili, che trova nelle pop star come Big Mama la sua perfetta testimonial. Non è più il tempo delle donne rifatte, ormai totalmente passate di moda, dato che è impossibile superare l’estetica di Donatella Versace, superiore persino a quella di Mickey Rourke e Iggy Pop messi insieme. Il trash dev’essere santificato in modalità mistica, addirittura inciso sulla pelle. Avete presente il corpo tatuato di Ibrahimovic? Quella meravigliosa testa di tigre con una divinità indù inserita sul suo muso? E quella stupenda carta da poker con un cuore rosso sotto l’ascella? Se non l’avete presente, prestate attenzione alla foto iconica che lo ritrae in un momento di trascendenza mistica.
Gillo Dorfles è vissuto fino a 107 anni e ne ha viste di cotte e di crude, ma certo oggi un suo saggio sul Trash, (antologia dell’umido), chiuderebbe il cerchio perfetto. Pretendiamo quindi dal governo Meloni che a Natale ogni famiglia italiana possa avere un bonus o una carta di acquisto, per regalare palle di vetro con la neve finta, piatti di ceramica con conchiglie e gusci di capesanta con l’immagine di Sferaebbasta, un tatto sul collo con l’autografo di Ibrahimovic e un pass all areas al prossimo Eurofestival. Vogliamo inoltre una prima al Teatro La Scala con l’opera di Carl Orff, ma solo se ribattezzata Carmina Burina. I tempi lo richiedono, ce lo chiede persino l’Europa. Farebbe piacere anche al Ministro della Cultura Alessandro Giuli che per l’occasione, potrebbe citare nientemeno che Marcel Duchamp: “Il grande nemico dell’arte è il buon gusto”.
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