Provare a parlare di Mina e Fossati singolarmente equivale ad addentrarsi in un campo minato, il rischio di dire banalità strasentite o peggio è veramente alto; cimentarsi nell’ascolto ragionato e soprattutto equilibrato di questo storico CD di coppia non è pure un compito facile: la grandissima stima per entrambi (e ci mancherebbe altro…) più una sorta di vero e proprio affetto incombono sinistramente sull’imparzialità delle opinioni.
Detto questo onde evitare di cadere nella trappola si parte in modo diretto: il lavoro non appare come il migliore possibile, o forse lo è ed è proprio l’incontro tra i due mondi che non può fruttare più di così.
Mina è discograficamente una cantante anomala, o meglio, come tutte le vere grandi agisce con libertà e per proprio gusto, non dietro scelte furbette; è una cantante da grandi canzoni, non è vero che può cantare anche l’elenco telefonico: è una musicista di passione, nel senso che ha sempre cantato quello che le è parso e piaciuto, che l’ha colpita all’ascolto e divertita nell’esecuzione, inedito o no. I suoi storici successi le hanno quasi sempre dato ragione: “Anche un uomo” e “L’importante è finire” restano un terribile banco di prova per qualsiasi cantante, un brano come “Ancora ancora ancora” ti incolla tutt’oggi a qualsiasi altoparlante che ne inizi la diffusione, sono canzoni quasi non cantabili da nessun’altra ma non per via delle solite scemenze riguardanti l’estensione o la potenza: si tratta della qualità dell’esecuzione, dell’interpretazione, semplicemente dello spessore artistico.
La continua ricerca di qualcosa che la emozionasse l’ha portata a scegliere decine di capolavori, attingendo dal repertorio dei Beatles, della canzone napoletana, degli standard di jazz, della musica brasiliana: basta ascoltare “Oh que serà” di Chico Buarque de Hollanda, incisa in lingua originale quando ancora pochi la conoscevano, in una memorabile versione arrangiata da Celso Valli.
Quando si agisce per passione può succedere anche di non centrare indiscussamente il bersaglio, è sicuramente questione di gusti se “Oggi sono io” nella versione di Alex Britti dal vivo a Sanremo sia stata surclassata dalla interpretazione della tigre, né ancora meno dall’arrangiamento, ma la scelta del brano del chitarrista romano, come del resto degli altri citati, conferma l’assioma: la canzone adatta a Mina deve dire qualcosa di molto significativo già nelle prime otto misure, come melodia e come armonie, se c’è anche un buon testo è ancora meglio ma non è indispensabile.
In questo CD solo due o tre brani rispondono a questa esigenza e comunque non pienamente, sembra quasi di trovarsi in un continuo tentativo di trovare un terreno espressivo comune e di rincorrere le aspettative, in realtà ben diverse, del pubblico di ciascuno dei due.
Forse il problema è proprio la diversità dei target.
Fossati rappresenta probabilmente la punta di diamante dei cantautori italiani, è colto in modo quasi imbarazzante, in senso generale e non solo dal punto di vista della scrittura dei testi; fin dai tempi dei Delirium è ascoltatore avido di qualsiasi cosa trasudi qualità, profondo conoscitore della musica classica, del jazz, della grande canzone, della musica sudamericana, purtuttavia pare che in questo lavoro abbia agito con il freno a mano tirato.
I testi hanno sicuramente un notevole peso specifico ma non c’è nessuna botta indimenticabile, di rimando le melodie e le armonie si attardano in una prevedibilità eccessiva, per alcuni probabilmente rassicurante e forse appunto per questo adatta ad un altro tipo di pubblico: quello per cui “canzone d’autore” significa soprattutto parole ben messe ma contesto musicale non necessariamente interessante.
Apertura con “L’infinito di stelle”, sorta di ballad sanremese in cui non spicca niente, la melodia appare come una giustapposizione nel contesto di armonie molto comuni e tutto è usato senza particolari spunti; appunto, Mina ha bisogno di composizioni che già nelle prime otto misure siano delle sentenze… Segue “Farfalle”, simpatica, è qualcosa di definito, ricorda dei brani della canzone brasiliana apparentemente semplici ma che in realtà contengono raffinate soluzioni armoniche, mentre la successiva “Ladro” presenta dei colori funk, non è male l’idea generale dell’arrangiamento, la strofa è interessante ma lo sviluppo della composizione resta forse con delle potenzialità inespresse.
Finalmente con “Come volano le nuvole” si ha la sensazione di un terreno adatto per tutti e due, il brano è compositivamente interessante e c’è un ambientazione suggestiva, mentre in “La guerra fredda” il bel testo, i suoni acustici di sax soprano, contrabbasso e chitarra non sono sufficienti per nobilitare un pezzo che non espone niente di notevole né melodicamente né armonicamente.
Stesso problema di fondo con “Luna diamante”, il cui mondo è talmente sbilanciato su Fossati che sembra che canti sempre lui con un filtro che lo trasforma in Mina; l’arrangiamento è molto importante, con gli archi in bella evidenza, anche il testo dice la sua ma musicalmente continua a non esserci abbastanza spessore per la tigre.
In “Tex Mex” è interessante la strofa ma a fronte di un ritornello non coerente; l’arrangiamento è vivace, spudoratamente a metà tra Santana e Zucchero, paraculo ma efficace, l’ambientazione è abbastanza congeniale a tutti e due ma comunque non del tutto.
Sovviene anche l’osservazione che l’esigenza di cambiare tonalità nel corso delle canzoni si sarebbe di volta in volta potuta trasformare in qualcosa di musicalmente particolare, invece finora appare sempre risolta in modo affrettato, un’altra occasione persa.
“Amore della domenica” è finalmente il brano più nelle corde di Mina: linea melodica e armonie immediate e ben definite fin dall’inizio, con un senso compiuto, pur riuscendo a svilupparsi su di una tonalità comune e con un buon release.
“Meraviglioso, è tutto qui” appare come una canzone ancora solo sull’universo fossatiano: il buon testo ha gioco facile a spiccare su melodia e armonie che non presentano niente di particolarmente significativo, laddove inoltre l’apporto strumentale sembra privo di energia interiore e senza un’idea di pulsazione condivisa; compare inoltre anche una slide guitar di difficile giustificazione e le modulazioni continuano ad apparire appese.
“L’uomo perfetto” e “Niente meglio di noi due” chiudono il CD purtroppo in linea con l’impressione dominante, quella di un’occasione persa, di un peccato.
Forse si sarebbe dovuto puntare di più sulla bella musica, non necessariamente più complessa ma semplicemente di spessore maggiore, ma rimane però il dubbio che proprio l’operazione in sé non potesse riuscire meglio di così, avendo tentato un’amalgama artistica molto difficoltosa.
Pare che già tanti anni fa la stessa idea si fosse arenata per via dell’opposizione dei discografici interessati; sicuramente le ragioni furono di carattere commerciale come sempre, purtuttavia appare sensato chiedersi con dolore se una volta tanto, anche se per motivazioni diverse, poco nobili e per niente artistiche, alla fin fine questi non abbiano avuto tutti i torti.
TRACKLIST “TEX-MEX” – MINA FOSSATI
1 L’infinito di stelle
2 Farfalle
3 Ladro
4 Come volano le nuvole
5 La guerra fredda
6 Luna diamante
7 Tex-Mex
8 Amore della domenica
9 Meraviglioso è tutto qui
10 L’uomo perfetto
11 Niente di meglio di noi due
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