Terza Serata di Sanremo 2019, edizione N.69. Solito copione, diluizione oltremisura. Qualche chicca, noia come i popcorn. Amoroso, Raf e Tozzi ospiti. Festival della canzone italiana,dove “la canzone” è sempre più un optional e il Direttore Artistico, sempre più Divino: La prossima volta curerà anche la regia? Speriamo nel frattempo trovino gli Autori dispersi nei camerini.
La terza serata non è come il terzo segreto (di Fatima)
Nessuna Rivelazione, tutto è già stabilito. Perfino le battute che sembrano improvvisate, peggio delle gag da avanspettacolo, come i complimenti dei Playboy, come cantava l’altra sera Fiorella Mannoia. Uno pensa che dopo la maratona della Prima, essendoci meno canzoni, duri di meno. Errore. Tra tempi lunghi, siparietti inutili ed imbarazzanti, anche la terza serata sfora la mezzanotte e saluta il nuovo giorno.
Un po’ alla rinfusa prendo appunti man mano che scorrono i blocchi. Premetto che sono considerazioni assolutamente personali, quindi non condivisibili. Ma hater-free la 100%, ve lo assicuro.
Tre stelle più una all’Orchestra, duttile, preparata, poliedrica come pochi. Grandi professionisti che spesso devono suonare piccoli arrangiamenti. Belle anche le luci e le inquadrature, devo dire, finalemnte non la classica baracconata alla Cuccarini e Marini.
Enrico Nigiotti
Maestro giovanissimo dirige il brano di Enrico Nigiotti, oramai lanciato tra autore (Pausini) e artista. UN brano dedicato al nonno, che non c’è più, lasciando lo spazio vuoto di un padre mai citato. UN po’ di toscanità nelle immagini, nel linguaggio sboccato che ormai sembra solo un poster. Luoghi comuni travestiti da verità bucoliche. Brano però solido, ben costruito. Forse retorico, ma dicevamo così anche de “l’Italiano” di Toto Cotugno. poi diventato un classico. Quindi lasciamo fare al tempo. Non basta chiudere gli occhi per dormire, per sognare. Forse per questo manca il nonno che alla fine disegna con saggezza una linea di orizzonte, con un sorriso bonario e dissacrante.
Raf-Tozzi, back to the ’80
Raf-Tozzi, sicuro spot per una toruneè che farà sold out, se non altro di nostalgici degli anni ’80. Ma cosa c’entra col festival? D’accordo hanno vinto, come autori e artisti, ma fare uno spot così spudorato… poi sicuro sono brani straconoscuti, ma ripeto, che c’entra? Back to the ’80, ma poi come si torna indietro?
Antonello Venditti
Semo nell Woodstock de noantri, perché “Sotto il segno dei Pesci” è abbastanza iconico di quella fine anni ’70 che stavano per tuffarsi negli’80. E adesso sono 40 anni dall’uscita, e Antonello lo ripropone suonandola dal vivo, con lo stesso spirito, arrampicandosi alla meglio sulle note, inciampando in qualche imperfezione (o si può dire stonature??). Ma il cuore supera gli Hz, e le cose che scrive vincono sul tempo e le mode. Gli si perdonano i rantoli, pensando a Roma che se specchia dentro ar Fontanone. Poi con CB, “Notte prima degli esami” brano pluri generazionale. Versione, comunque , discutibile. Resta in ogni caso un pezzo di storia, no solo musicale.
Anna Tatangelo
Sempre più distante dalla Ragazza di periferia, sempre più sicura e sciura, ci prova a ancora a cantare d’amore, anche se al passato. Forse autobiografico, forse solo ruffiano. Ma un inciso che si apre e poi si ferma, dopo il canonico acuto, non si sviluppa, come potrebbe e sopratutto come farebbe bene alla sua vocalità passionale. Nonostante la minigonna, una performance già vista, antica. Speriamo di riconoscerla la prossima volta.
Ultimo
Più baldanzoso di 12 mesi fa, osa persino una partenza dal piano terra della voce, anziché dalla cantina come il successo dello scorso anno. Sarebbe lo specchio del “nuovo”. E in parte lo è, dall’uso di inserti grafici a video, che sottolineano alcune frasi focus del brano. Una pratica molto in uso tra gli Youtubers, per la prima volta su un programma del genere.
Ritornello, arioso, incalzante. Ma la vocalità è sgangherata tanto che i pur bravissimi coristi non riescono a seguire i suoi flow e intonazione arbitraria (guai a chiamarle stonature). Del resto, a cosa serve la tecnica?? Roba da antichi dinosauri.
Sergio Endrigo, un ricordo
La sua celeberrima “Ci vuole un fiore” viene usata per un siparietto comico, per sfruttare in qualche modo le caratteristiche di Bisio e Virginia. Risultato? Boh…. ma la canzone rimane ancora bella. Grande Sergio.
Francesco Renga
Imperturbabile nel suo ciuffo selvaggio, sorriso 44 denti che piace sempre a tutti, signore e ragazzotti. Francesco presenta il suo brano con la solita verve, il solito stile, solido, vibrante. La sua voce etc, e poi blah. Comunque clap.
Irama
altro nuovo che avanza, tema toccante, la violenza domestica familiare. Performance vocale un po’ incerta (dire scadente poteva sembrare troppo?). Classico respiro d’affanno ad ogni inizio verso che più che dare enfasi, dà ansia in chi ascolta. Sintomo di fame di ossigeno, e non solo metaforico annaspare.
Poi appare un coro Gospel con tanto di tuniche, che centra come i cavoli a merenda, sia come immagine, sia musicalmente. Però si sa, il Gospel fa figo. Ma “like a Prayer” di Madonna era tutta un’altra cosa…
Amoroso, finalmente
ecco se ne parlava della sua partecipazione perchè effettivamente, dopo appena 10 anni di carriera (in totale, se contiamo anche i provini), vuoi non festeggiare come ospite speciale nella più grande kermesse musicale dell’industria italiana?
E allora grande look stile Gabriella Golia ani’80, così magari sembra ancora più storica. per il resto grazie al cielo ha mantenuto la sua caratteristica voce urlata e velata, con intonazione arbitraria ancora più esposta da un mix fatto coi piedi. Peccato, quando il fonico ti rema contro, c’è poco da fare. Eppure Alessandra ha veramente tantissima grinta, mi ricorda Rita Pavone, che a dispetto di una statura minuta ha sempre ruggito. E continua ancora. E chedovrebbe fare allora almeno 5 ospitate come quelle di Alessandra, con i suoi oltre 50 anni di carriera.
Poi arriva l’ennesimo duetto, finalmente, che ci mancava. E per ricordare un grandissimo autore, Pino Donaggio, scelgono “io che no vivo senza te” che ha fatto fortuna anche in USA.
Voi che dite, visto che c’è una grandissima Orchestra con tanto di Archi e Ottoni, lo facciamo un grande arrangiamento sinfonico? noooooo, ma che sei matto? famose un bel groove-funkettino che diventa moderno, ahò. Fa niente se poi l’arrangiamento è pesante e imbriglia la delicata filigrana della melodia nella rete di un loop ritmico da pianobar. Anziché un omaggio, sembra uno sberleffo camuffato. Avrei preferito una versione punk alla Ramones, piuttosto che un Funkettino da sottofondo. Per fortuna la bellezza del brano resiste. Grazie Pino Donaggio .
Vanoni, quella vera
Chi la fa, l’aspetti, e così Viriginia si è trovata a sorpresa Ornella Vanoni, che le rinfaccia l’insofferenza per le sue imitazioni… ovviamente è una gag, e diventa un pretesto per un duetto (Alè…..) di un brano brasiliano , che Ornella fa faceva da dio. 50 anni fa, però. Ma la leonessa, sa come gestire la situazione, e sta al gioco con classe e intelligenza. Anche per questo alla fine vince.
Patti Pravo – Briga
next please…
Simone Cristicchi
Beh, nulla da dire. Ma non casco nel tranello di inchinarmi di fronte a un poeta, un artista che si commuove (e mi commuove) ancora, che dopo aver vinto un festival con un brano sul dramma della salute mentale, si ritira dai riflettori per continuare a fare semplicemente l’Artista. E poi ritorna, come ora. Ma un brano così perché lo porti a Sanremo? Non va bene, fa venire la pelle d’oca, le parole sono come gocce di luce nel buio, arrivano dritte all’anima. E mica va bene, Simone!!! Non è semplicemente una canzone, non è soltanto una poesia, e sopratutto mica può essere una semplice e sincera preghiera umana, ti pare?
Intermezzi Bisio-Raffaele
imbarazzanti per pochezza autorale. Il mestiere di entrambi risolve spesso la situazione scarna e sciarpa. Gag grammofono però metto in risalto la bravura dei musicisti dell’Orchestra, sempre troppo in ombra.
Boombadash
Senza Loredana, sono semplicemente i Boombadash: appunto , chi??? Carini, simpatici, colorati… Come la Fanta. Almeno qui.
Motta – Dov’è l’italia?
camicia anni ’70, cugino di Ermal, pronipote di Rino, voce sgangherata per darsi un tono. Se non altro, non c’è la ricerca spasmodica della rima, in un un ritornello che vuole essere un po’ di costume e un po’ di rottura. Da più parti acclamato fenomeno, ma un fenomeno non si acclama, esiste e basta. Di sicuro è una nuova generazione non solo anagrafica. Dov’è la musica , amore mio? mi sono perso… anche noi.
The Zen Circus
Veri outsider, nel senso che non hanno seguito la classica trafila sanremese di concorsi. Vengono dal Mei, da serate, da un circuito fatto di persone che se ti seguono , si fanno chilometri e file.
Brano tra il rock e il carillon, inquietante nell’incedere ritmico e nella prosodia che incalza nel crescendo. Un arpeggio continuo, che avviluppa, e ti stringe nelle sue spire. Fino alla pausa in cui “l’anarchia trova stazione nelle tue emozioni”.
un Circo acido di crudezza. Wow
Paolo Cevoli, sapore di Zelig, e Bisio riprende finalmente colore
Ironia, autoironia, e finalmente un po di scorribanda. Mancava.
Nino D’angelo e Livio Cori
Attacco del giovine, con la classica sofferenza di gola, che sembra l’ultimo respiro, che spesso sotto una finta sofferenza nasconde solo inesperienza e mancanza di appoggio diaframmatico, e che in fondo appiattisce un po tutte le performance.
L’ingresso dell’ex Scugnizzo d’oro, padrone però della propria vocalità, risalta come il bianco sul nero. Outfit talmente anonima da sembrare studiata, ma forse è solo sciatteria. Oppure da sembrare padre e figlio alla riunione scolastica.
Brano che non decolla mai, che si ripiega su se stesso, due mondi che non si scontrano ma nemmeno si incontrano. Peccato, chissà cosa sarebbe successo altrimenti.
Serena Rossi, in Arte Mia
fa un certo effetto, sentire ancora dal palco dell’Ariston, gli ultimi successi di una grandissima artista come Mia Martini. Serena Rossi che ne interpreta il personaggio nella fiction Rai, intona uno dei suoi più impegnativi e intensi brani, “Almeno tu nell’universo”. Sul Finale, Il Direttore Divino, ci regala un ingresso, perchè ci mancava la sua voce effettivamente da almeno 17 minuti. Però dai, CB prima di diventare Divino era un grande cantautore, grandissimo. E nei primi anni ’70 scrisse per Mia, e poi ha scritto altri brani eccezionali. Devo ricordare il sublime “Stelle di Stelle” tratto da quel capolavoro doppio CD “Oltre” del 1990? chi non lo conoscesse può sentirlo qui
Peccato che Claudio abbia scordato in chissà quale studio, quella delicatezza.
Grande Mia, io l’ho vista alle prove nel ’92, all’Ariston, prove Orchestra, con un brano nazional popolare come “Gli Uomini non cambiano” in cui riusciva a far venire la pelle d’oca anche al velluto delle poltrone vuote durante le prove. Non parliamo di noi che eravamo in sala. Difficile, se non impossibile per chiunque vestirne i panni, figuriamoci riprenderne la voce e i brani.
Anche qui tratti di intonazione arbitraria. Ma credo che si possa parlare di grande e forte emozione, stavolta. Il che è un bene. Per cui, brava Serena, se non altro per l’impegno e l’umiltà.
Rovazzi
Ah sì, poi c’è Rovazzi… Perchè Rovazzi è Rovazzi, bisogna aggiungere altro? E’ anche bravo a cantare in playback, mi sa…
In conclusione
Più che festival, sta diventando Maratona Sanremo. Semplicemente assurdo che duri così tanto, togliendo spazio ed ossigeno al Dopo Festival. Soprattutto a danno della Musica. Quindi che volgiamo fare? Cosa vogliamo svendere ancora di più in nome della pubblicità?
Che poi per inciso… io aprirei una parentesi: ma quanto del fatturato di sanremo viene investito poi nella produzione musicale?
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