Dopo Stefano Bollani e Alex Han, è il turno dei Level 42 per il “Giordano in Jazz”, rassegna di assoluto spessore al teatro Giordano di Foggia.
Ticketing segna il tutto esaurito come ampiamente prevedibile, per una band che non capita spesso di vedere in Italia.
In un concentrato di groove, tecnica e potenza sonora, i Level 42 hanno offerto uno spettacolo, per forza di cose, molto lontano da quello che propone la musica mainstream oggi: niente effetti visivi o coreografie particolari, con la band brittanica (40 anni di carriera il prossimo anno e 13 album studio) c’è solo da drizzare le orecchie e spalancare gli occhi, per apprezzare il talento nella sua forma più pura.
Nell’iniziale scena buia del palco, l’inconfondibile manico illuminato a led dello Status di Mark King (una specie di guru per tantissimi bassisti e leader della band), suggerisce l’inizio del live che apre con una delle hit più rappresentative della band, Running in The Family.
L’esibizione è una carrellata della loro longeva discografica, passando anche per i più recenti lavori Living it Up e Sirens, riservandosi per il finale le varie Lessons in Love, Love Games.
L’aver visto dei veri e propri giganti della musica internazionale è la sensazioni a caldo che ha avuto ognuno di noi presenti, e non solo per i virtuosismi (a volte ipnotici, ma forse sono di parte) dello slap di Mark King, ma per una band della corrente anni ’80 che offre un sound rivoluzionato da quello inciso in studio, corposo e potente come un concerto funk richiede, grazie al talento e alla cura dei suoni dell’intera line up completata da Mike Lindup (voce e tastiere), dal fratello di Mark, Nathan King (voce e chitarra), Pete Ray Biggin (batteria, e vi invito a vedere alcuni suoi video!) e dalla sezione di fiati Sean Freeman (sax), Dan Carpenter (tromba), e Nicol Thomson (trombone).
In questo momento musicale di particolare “evoluzione”, l’invito che chi scrive sente di fare a tutti è quello di “calcare” il più possibile concerti di natura un po’ più old school, finchè ce ne sarà occasione. Personalmente sono riuscito ad andare oltre, rimediando anche una foto fugace all’uscita dal teatro dove, per chi come me è cresciuto con un poster di Mark in cameretta, non poteva che uscirne con un sorriso simile a un bambino nel giorno del suo compleanno (e fra l’altro, lo era davvero).
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