Musica, tanta musica nel nuovo palinsesto della televisione, dai talent ai concerti pop, da nuovi e vecchi programmi, fino a Sanremo. Ma, ovviamente, nessun spazio per la “musica alternativa”.
Per cui non solo X Factor, non solo la Mannoia su Rai Uno. E’ prevista una vera e propria abbuffata di musica nella televisione generalista.
L’antipasto sarà servito a metà ottobre su Rai Uno con quattro puntate di “Celebration”, uno show che va a celebrare le hit internazionali e non, reinterpretate da cantanti italiani. Una celebrazione di cover, perché pare che gli inediti siano ormai in via di estinzione. Contro programmazione coraggiosa contro la De Filippi. Al timone autorale ci sono Gino Castaldo e Ernesto Assante. Si spera in un programma sulla memoria e non sulla nostalgia. Una delle puntate sarà dedicata alle grandi voci femminili, una a “quelli del rock”, un’altra alle canzoni d’amore e una ai grandi interpreti internazionali maschili con una prevalenza di origine black: Prince su tutti. Chi sarà l’italiano giusto per interpretare Prince? Difficile immaginarlo.
Nel frattempo si stanno preparando le due nuove edizioni di “Music” di Paolo Bonolis su Canale 5 e altre quattro prime serate di “Casa Mika” con Mika su Rai Due, che in questa edizione non sarà più affiancato da Virginia Raffaele ma da Luciana Letizzetto. In entrambe grande abbuffata di ospiti.
In mezzo o subito prima o subito dopo c’è il Festival di Sanremo con Claudio Baglioni timoniere, capitano e quanto altro e logica abbuffata di ospiti in esclusiva.
Sembra che la musica in tv sia tornata di moda, ma il sospetto legittimo è che tutti si contenderanno l’identica lista di ospiti musicali nella stagione 2017-2018, dove la differenza la farà il budget a disposizione.
C’è anche qualche altro progetto in corso sulle altri reti, magari in seconda serata, ma si aspetta la conferma ufficiale, per cui me ne guardo bene dal fare nomi o altro, per rispetto dei miei colleghi autori.
Poi, ci teniamo a parlare anche di un nuovo, diverso e particolare “talent musicale” su Sky Arte, “Guitar Star”, primo talent show dedicato al mondo della chitarra, che vede protagonisti otto talentuosi chitarristi, che concorrono per accedere ad un palcoscenico importante che dia loro grande visibilità internazionale. Interessanti sono i nomi dei giudici selezionatori, George Benson, il celebre produttore musicale Tony Visconti (già produttore di David Bowie per anni) e il virtuoso Maestro di chitarra classica Miloš Karadaglic.
Da una parte tutto ciò è positivo, ma si spera che i programmi si differenzino tra loro, almeno sui contenuti, sul linguaggio e sulla narrazione, ma si sa le idee in tv fanno sempre paura, per cui immagino si tenderà alle esclusive degli ospiti più importanti e sulla spettacolarità della scenografia e dell’impianto produttivo.
Su tutto questo l’unica rete a cui la musica non sembra interessare è LA7, piuttosto concentrata sull’attualità politica, dato che ci saranno le elezioni e una lunghissima quanto estenuante campagna elettorale mediatica, che credo farà aumentare sensibilmente il numero dei non votanti o delle schede bianche o nulle.
I produttori dei format musicali sono sempre gli stessi, quelli che si contendono il mercato degli appalti, ma in tempi di magra è ovvio che sia così.
Difficile prevedere quale effetto scaturirà da questa abbuffata musicale mediatica. Magari le reti digitali o quelle tematiche potranno trarne vantaggio per offrire il prodotto musica in modo diverso, non sul modello del grande show in studio, ma sull’approfondimento storico, magari itinerante, “on the road”, in esterna insomma. E questo sarebbe interessante, perché portare “fuori” la musica dagli studi televisivi darebbe una ventata d’aria fresca. In fondo la musica è nata in strada come tutti sappiamo. Gli artisti sono nati in strada e se arrivati al successo sono poi finiti in tv. Nell’epoca 2.0 sembra accada il contrario. Spesso nascono in televisione e poi finiscono in strada, ma certo non è il caso degli artisti Big che non corrono certo questo pericolo. Casomai lo corrono le decine di nuovi talenti che fuoriescono dai talent show.
In tutto questa abbuffata di cantanti, perché è di cantanti che stiamo parlando, nessuno si cura dei musicisti, quelli che compongono senza avere la pretesa di cantare nei dischi o sui palchi. Sto parlando di chi scrive opere, composizioni, colonne sonore e che utilizzano la musica in un contesto di mercato ben più largo, non solo dal punto di vista artistico ma di mercato.
Come appartenente alla categoria autori tv, sto cercando di capire se può esistere un direttore di rete e un editore interessato a sostenere un format musicale “estraneo” o perlomeno laterale al mondo della canzone. Ovvio che se parliamo di Ennio Morricone l’attenzione si desta al volo, ma la lista dei nostri grandi compositori è ben lunga e autorevolissima e meriterebbe una particolare attenzione, senza per questo essere inserita nella detestabile categoria della “nicchia”.
Molti compositori nostrani, lavorano ormai più all’estero che in Italia. Qui nessuno lo scrive ma gente come Ludovico Einaudi, tanto per fare un nome, è sempre in tournèe all’ estero con sold out ovunque. Merito anche della colonna sonora del film “Quasi amici” che è stato distribuito in tutto il mondo. Angelo Branduardi, da decenni, scrive e produce opere per il mercato estero, in particolare per la Germania, dove la sua musica è apprezzatissima. Potrei fare decine di nomi ed esempi come Nicola Piovani, Enrico Rava, Franco Battiato, Giorgio Moroder, Stefano Bollani (anche se quest’ultimo alcuni programmi su Rai Tre li ha fatti, “Sostiene Bollani” e “L’importante è avere un Piano”… ma è sempre comunque poco e di nuove edizioni ancora nemmeno l’ombra) e tantissimi altri.
Tutti musicisti che hanno smesso di pensare ai dischi, e che svolgono la loro attività in funzione didattica, formativa, cinematografica, per eventi internazionali e che operano nel campo della classica come nel jazz, nell’elettronica come nella contemporanea. Hanno tanto lavoro e raccolgono soddisfazioni in mezzo mondo.
Non è nicchia, è business e di alto profilo.
Sarebbe anche il caso che qualcuno se ne accorga, non fosse altro per dare altri esempi onorevoli a quei giovani che non immaginano neanche come si possa vivere con la musica fuori dalla “canzonetta”. Non mi aspetto certo una grande attenzione dai broadcast televisivi, perché si sa, oggi un tatuaggio vistoso attira più di uno spartito virtuoso, ma basterebbe avere uno spazio televisivo dignitoso, senza budget faraonici, per dare un’offerta musicale diversa e artisticamente validissima per tutti gli appassionati di musica. E in Italia siamo molto numerosi.
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