Tiziano Ferro è tornato, con un nuovo album di inediti (il sesto della sua carriera), “Il mestiere della vita”, pubblicato il 2 dicembre per Universal Music, anticipato dal singolo “Potremmo ritornare”.
Ed è tornato “prepotentemente”, come da sempre Ferro ci ha abituati, ottenendo l’ufficializzazione del disco di platino per il suo nuovo album ad appena una settimana dall’uscita (come lui solo Ligabue, e questo la dice lunga sul seguito che hanno ambedue gli artisti, capaci di collezionare numeri impensabili per tutti gli altri).
Noi di FMDblog (nella fattispecie della mia persona, per essere precisi) abbiamo posticipato volutamente la recensione dell’album. Abbiamo aspettato. Ho aspettato. L’intento era quello di ascoltare e riascoltare ancora l’album, senza diventare facile preda dell’emozione del momento, svestendomi completamente dei panni (non comodi, in questo caso) di ammiratrice incallita di Ferro (della prima ora). E oggi, finalmente, sono pronta a raccontarvi la mia visione del suo nuovo lavoro.
Un lavoro che si annuncia, nelle intenzioni di Ferro, come un ricongiungimento alle sonorità del passato (dei primi album), proiettato con chiara decisione al futuro, a un nuovo inizio (“Una vita in bilico, un libro epico…. Fine primo capitolo”, canta esplicitamente nella traccia che apre l’album, “Epic”, scritta con la sua pupilla, Baby K), un album poco suonato, con poche ballad (ad eccezione del singolo di lancio e della titletrack), che si avvale della produzione dell’ormai fidato Michele Canova.
L’album ha una chiave di “lettura” non immediata, che ci riconsegna un Tiziano “diverso” eppure sempre “uguale a sé stesso”, anche se con sfumature differenti, che cambiano da traccia a traccia.
“Epic”, come già anticipato, apre l’album, e nelle intenzioni si candida a messaggero ideale nell’annunciare il nuovo capitolo (appena iniziato) del cantautore di Latina. Il pezzo lascia perplessi, sia nei suoni (con questa batteria da sfondo incessante) sia nel testo (con inciso in inglese), pur dopo vari ascolti. Non convince. (Voto 5)
“‘Solo’ è solo una parola” ha una matrice Black (come “Epic”), e centra appieno l’intenzione di costruire un pezzo che abbatta i limiti della solitudine, viaggiando sempre sulla stessa melodia, ben congegnata (“Sto solo ma sorrido e penso che “solo” è solo una parola”). Il pezzo si propone come possibile singolo, come già annunciato nelle intenzioni di Ferro più volte. (Voto 6.5)
La prima ballad dell’album è la titletrack “Il mestiere della vita”, scritta con Raige (interessante giovane rapper che troveremo a febbraio sul palco dell’Ariston, tra i Big). È il primo vero pezzo degno di attenzione. Un testo semplice ma emozionale, con uno sfondo melodico che lo accompagna sapientemente. (“Se vuoi tornare ok torna davvero/ perché se ritorni tu io ritornerò com’ero”)
Sicuro singolo. (Voto 7.5)
“Valore assoluto”, primo dei tre pezzi firmati con Emanuele Dabbono (che firma con Ferro i brani in assoluto più belli dell’intero album) è una pura dichiarazione d’amore. Con un inciso splendido. (Se piovessero dal cielo tutti i cuori del mondo/io raccoglierei il tuo soltanto/In questo mio presente e relativo vuoto/sei tu il mio vero e unico valore assoluto).
Ed è il possibile terzo singolo, come già anticipato da Ferro ai microfoni di Radio2 Social Club, la scorsa settimana. (Voto 8)
Il duetto con Carmen Consoli, ne “Il conforto”, è la vera perla dell’album. Qualcosa che si avvicina al capolavoro. Scritto sempre con Emanuele Dabbono (che fonde ormai la sua la scrittura a quella di Ferro in una simbiosi quasi perfetta), è uno stupendo brano elettronico in cui il testo e la melodia, mai banali, sono resi al massimo dall’incontro delle voci di Tiziano e Carmen, che viaggiano separate per poi unirsi magistralmente, in uno dei miglior duetti che Ferro abbia mai realizzato.
Prossimo singolo, già annunciato. (Voto 10)
“Lento/Veloce” (sempre a quattro mani con Dabbono), con base Hip-Hop, potrebbe candidarsi a piacevole singolo estivo, giocandosela con l’elettronica di “Casa è vuota”, in cui Ferro racconta in maniera nuda e cruda le sue emozioni (Non ascolto, non aspetto/ Prende fuoco il nostro letto/Quindi brucio i tuoi libri di dogmi/Per me puoi dormire eterni sonni). (Voto 7)
“Troppo bene (Per stare male)”, gioca sulla sovrapposizione di voci, sempre su base elettronica, ed è un altro pezzo, che nonostante i ripetuti ascolti, non convince. (Voto 5)
“My Steelo” si preannuncia come ipotetica continuazione (in chiave rap?) de “Lo Stadio” (singolo tratto da “TZN – The Best of Tiziano Ferro”, raccolta del 2014). Quindi è di fatto una trashata totale. Un pezzo in cui duetta con Tormento, che fu Sottotono, di cui Ferro faceva il corista da giovanissimo. Ascolti questo pezzo e ti poni una sola domanda: ”Tiziano … ma perché?” Anche se temo che ai concerti lo “canteremo” tutti. Bocciato senza possibilità di appello. (Voto 4)
Il singolo di lancio, “Potremmo ritornare”, scritto con il bravo Michael Tenisci, è l’altra classica ballad “alla Ferro”. Con un testo decisamente inferiore a quello della titletrack. Un “ritorno” che mi ha lasciato un bel po’ di amaro in bocca: Ferro ha scritto testi decisamente superiori a questo. (Voto 6)
“Ora perdona” e “La tua vita intera” scivolano senza lasciare il segno. (Voto 5)
Chiude l’album “Quasi quasi”, dall’atmosfera raffinata, pezzo dal sapore volutamente anni ’60, promosso negli intenti e nella realizzazione. (Voto 6.5)
Il “Mestiere della vita” è quindi un album tutto sommato piacevole, che contiene un pezzo che da solo potrebbe promuovere l’intero lavoro (“Il conforto”), con vari spunti decisamente interessanti sparsi qua e là.
Un album che se non avesse il nome “di Ferro” cucito addosso sarebbe da promuovere senza se e senza ma. Però questo un “ma” c’è, e sincero e spietato.
Perché noi non possiamo mica fingere che non si tratti di Tiziano Ferro. Uno che ha sfornato almeno 5/6 hit di successo, per ogni album pubblicato. Album in cui tutte le tracce potevano candidarsi a potenziali singoli. TUTTE… ripeto!
E poco conta che le sonorità siano diverse dal precedente lavoro, “L’amore è una cosa semplice”, non è certo questo il punto. Il tentativo di riaffacciarsi al passato con la maturità degli anni “vissuti” a noi sta anche bene.
Il punto è che in questo album non possiamo permetterci la presunzione di far uscire come singolo una traccia piuttosto che un’altra, perché esclusi i pezzi promossi, il restante lavoro non mantiene la stessa qualità, sia di testi (decisamente inferiori alle sue passate produzioni), sia di suoni, con queste basi non suonate, che risultano alla fine anche poco piacevoli.
Per riassumere, parliamo di un “ritorno” nonostante tutto positivo, per Ferro, ma nel complesso sicuramente inferiore a quello che in tanti auspicavano.
Voto album: 6.5
P.S. Notizia dell’ultima ora: Tiziano Ferro sarà uno dei “super ospiti” del prossimo Sanremo.
Facebook Comments