George Michael è morto!
Ho letto questa notizia mandatami in privato da una collaboratrice, e sono rimasta incredula, con il fiato sospeso, cercando e sperando di aver letto male il nome… ma il nome era quello, inequivocabilmente.
Questo è un giorno che intimamente e profondamente temevo arrivasse, come una sorta di giorno inevitabile, una drammatica sensazione simile ad un presagio, che ormai da tempo, chi lo amava e lo seguiva, si portava dentro.
Molte volte era “caduto”, ma poi ha cercato, in qualche modo, di lottare contro i suoi demoni e si era sempre faticosamente rialzato.
Questa volta, pare, che il suo cuore non abbia più retto, e ha deciso per lui.
Il nefasto 2016, cominciato con la morte del grande David Bowie, e continuato con la dipartita di tantissimi grandi artisti, tra cui Prince, termina con un’altra morte incredibile e prematura, quella di George Michael, che aveva appena 53 anni.
Personalmente sto attraversando un momento difficile della mia vita, sto guardando la morte aleggiare attorno ai miei più cari affetti… e lei me la ritrovo ovunque in questi giorni, tra le sofferenze di gente che piano, trasfigurata nel viso, prende le sue sembianze.
E questa sera eccola ancora qui, inesorabile e impassibile, che porta via un pezzo della mia vita, il mio mentore, il mio idolo, il mio artista tra gli artisti, colui che, da ragazzina, ha battezzato in me l’amore per la musica, la curiosità di conoscere tutto quanto riguarda la musica… lui punto di riferimento, punto d’inizio di un viaggio musicale che dura da più di trenta anni, viaggio che mi ha portata in lungo e in largo nel tempo, tra passato e presente, a vivere di quella passione che abbevera la curiosità di conoscere ancora e ancora, un viaggio che ha attraversato vari generi e mode, storie e realtà che oggi fanno parte del mio bagaglio professionale.
LUI, George Michael, era la musica per me, era il talento, il carisma, la personalità forte, il paladino delle grandi cause, l’eroe che si buttava nel fuoco per gli ideali in cui credeva, era l’orgoglio, era la testa alta che non abbassava gli occhi mai, era l’intelligenza farcita di inesauribile ironia, era il pensiero profondo, era l’idea gridata senza remore, era un’anima generosa, un uomo capace di “dare” lontano dalla giungla dei tabloid inglesi (e non solo quelli) in anonimato, era la fragilità e la sensibilità fatta in carne ed ossa, era l’eleganza e la raffinatezza… ed era una voce stupenda, una penna piena di inchiostro che aveva tante cose da mettere nero su bianco, tante melodie da donare.
E’ difficile per me dare forma – attraverso caratteri di lettere, sillabe, parole, frasi – a quello che ha rappresentato quest’uomo per me. E allora mi affiderò ai ricordi.
Ricordo il giorno di un mio compleanno, a Londra… a nord di Londra, dalle parti di Hampstead, su per una via in salita che curva a sinistra e che termina di fronte una piccola villa bianca che si chiama “Salice Piangente”.
Ricordo un labrador color miele, Hippy, dietro la cancellata che abbaia scodinzolando e che si lascia accarezzare, una range rover nera parcheggiata all’ingresso. E poi ricordo lui che sbuca all’improvviso dal retro, che velocemente entra in auto con il suo amato cane seduto sul sedile posteriore, che esce dal cancello e che passando mi guarda e ferma l’auto: “Hi…”.
Ricordo una bella chiacchierata, ricordo io che allungo la mano per stringere la sua, proprio come può fare un’italiana abituata al “contatto” umano, diversamente dagli inglesi, e per questo ricordo lui che sorridendo mi chiede “are you italian?”. Poi mi spiega che riconosce gli italiani dalla loro propensione al “contatto”.
Ricordo Hippy che abbaia mentre si parla e ricordo lui che si gira e che con voce ferma dice al cane “Shut up!”.
Ricordo di avergli detto che era il mio compleanno. Non avevo in mano suoi CD o altro di lui, avevo solo un libro di Hemingway che mi portavo dietro, avendo passato metà mattinata sdraiata sull’erba di Hyde Park a leggere.
Ricordo lui prendere il libro dalle mie mani, guardare la copertina e accorgersi che non si trattava di qualcosa che lo riguardava… e con un sorriso divertito esclamare “ah… Ernest Hemingway!?”, come per dire “vieni qui da me e ti porti Hemingway?”.
Ricordo lui che allunga la mano sul cruscotto per prendere un pennarello nero, aprire la copertina e scrivere, sul libro di Hemingway: “A Mela che legge Ernest… buon compleanno e buona lettura… George Michael“.
Ed infine ricordo d’avergli chiesto sorridendo se potevo salutarlo “all’italiana”… e lui che mi risponde “sure”. Un forte abbraccio, due baci sulle guance e un suo “Ciao” in italiano… e via sulla range rover, veloce giù per la discesa.
Conservo ancora gelosamente quel libro e quella singolare dedica, un ricordo che porterò con me per sempre.
Quante cose potrei raccontare della mia vita solo ricordando sue canzoni, ricordando l’uscita di suoi album, pubblicati con il contagocce, dischi che si facevano attendere per anni e anni.
Ricordo esattamente dov’ero e quanto rimasi colpita ascoltando per la prima volta Careless Whisper in radio. Ricordo d’aver chiamato la radio locale che stava trasmettendo il brano, chiedendo loro chi fosse “quello che cantava”: “Un certo George Michael degli Wham!”.
E di lì in poi è stato un crescendo di emozioni il solo ascoltarlo, da Fantastic a Make It Be con gli Wham!, da Faith all’album “protesta” contro la Sony, Listen Without Prejudice, fino ad arrivare al suo capolavoro Older, uscito diversi anni dopo le controversie con la sua ex casa discografica e dedicato al grande amore della sua vita, Anselmo Feleppa, morto di AIDS.
E poi il ritorno in Sony a testa alta con Patience. Per non parlare dello stupendo album Songs from the Last Century che celebrava il nuovo millennio con cover di sue canzoni preferite del XX° secolo, brani come Brother, Can You Spare a Dime?, I Remember You o Wild Is the Wind, tutti grandi classici, album prodotto dall’anziano maestro Phil Ramone, lo stesso che seguì il grandioso progetto Symphonica nel 2014, ultima produzione di Ramone prima di morire poco prima dell’uscita dell’album.
E poi i tanti duetti, l’indimenticabile MTV Unplugged, dedicato all’amatissima madre malata, che morì qualche mese dopo.
Ma purtroppo, man mano che il tempo passava, l’uomo George Michael ha cominciato ad entrare nel vortice della depressione, un tunnel che non perdona, che spezza e lacera la voglia di vivere.
Era insostenibile per lui il peso della vita, il male oscuro lo ha divorato… il “mal del vivere” ha vinto e alla fine lui ha smesso di lottare, ha smesso di sopravvivere a se stesso. Ha scelto il Natale per andarsene, un giorno speciale, ha scelto il giorno della “nascita”, e spero per lui della “rinascita”, un modo con il quale, spero, sia riuscito a raggiungere quella agognata “pace” che disperatamente da tempo stava cercando, magari nei posti e nei modi più sbagliati… ma le scelte di una persona adulta e vaccinata vanno rispettate a prescindere, e mai giudicate. Nessuno ha la patente per giudicare nessuno.
Addio George… addio mio mentore, mio idolo, mio artista tra gli artisti… addio.
Oggi sono un po’ più sola qua giù senza di te… e ricorda, “You have been loved” (Tu sei stato amato), così come tu stesso hai scritto nella canzone dedicata ad Anselmo e a sua madre che accompagnasti sulla sua tomba.

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