Il Music Biz è sempre più Talent e sempre meno A&R. Cosa significa questo incipit a sigle? Quello che una volta si chiamava Industria Discografica rischia sempre più di perdere il suo secondo aggettivo, per trasformarsi in una realtà molto più fluida e variabile. Una volta si mandavano le cassette demo agli uffici A&R (Artist and Repertoir) delle varie Case Discografiche, sperando nella buona stella che facesse scegliere dal mucchio al Responsabile proprio la nostra. Girando per gli uffici nei miei anni passati, ho visto intere pareti e interi cassetti pieni zeppi di cassette e polvere. Però c’era il vantaggio che l’ascolto era ragionato, curato e soprattutto considerato. Poi in caso di sorte benigna, poteva iniziare un percorso fatto di contratti, studi di registrazione professionali, sessioni fotografiche, interviste, tv, tour e quant’altro.
Era un mondo “verticale” in cui alla porta d’ingresso al piano terra stavano gli aspiranti artisti. Gli “imperatori” col potere di “pollice su” stavano negli uffici in alto. I più fortunati potevano vantare conoscenze dirette o indirette con qualche amico o amica con cui ci lavoravano, magari una segretaria che avrebbe potuto indicare una scorciatoia…
Poi le cose hanno cominciato a cambiare, la tecnologia ci ha permesso di avere degli home studio sempre più efficienti e potenti, i plugin ci hanno portato una qualità audio impensabile fino a pochi anni prima. Insomma, la voglia e soprattutto la fame di fare musica ha trovato nuove praterie in cui scorrere e nutrirsi. In pratica, realizzare un CD o un video da soli o con amici con standard professionali non era più impensabile né impossibile.
In parallelo anche le strade per farsi conoscere si sono moltiplicate. MySpace fu l’antesignano del Social Music Community, una sorta di Facebook orientato agli artisti emergenti. Sebbene col traino di grandi artisti, fallì miseramente per ben due volte. Ora magari le nuove generazioni manco sanno che sia esistito. La velocità di evoluzione in internet è talmente rapida che si contano i mesi e non più gli anni.
Poi venne YouTube e la tv, col suo strapotere persuasivo e la capillarità. Arrivarono i Talent. Che si sono moltiplicati peggio dei pani e dei pesci. E fu subito battaglia di audience, generando e auto alimentando una domanda, sia di artisti in erba e sia di pubblico che si divertiva al nuovo gioco al massacro dell’arena in cui i novelli Gladiatori si sfidavano a colpi di note e ugole. Ormai è un fenomeno talmente consolidato che qualcuno non riuscirebbe nemmeno a ipotizzare di approdare al palco del successo senza passare per queste forche caudine.
In contemporanea anche il modo di consumare musica è cambiato. Messi in soffitta i CD, sorpassato il Downloading, ora è tutto in “the cloud” oppure in streaming. E tutto questo generando una strana sensazione, quella cioè di sentire musica senza più avere un supporto fisico, senza più poterla toccare. Sapete cos’è lo streaming vero? È questo il guaio, che ormai fa parte del quotidiano, per la sua immediatezza e indubbia comodità.
Era solo questione di tempo, la convergenza tra Tv-Talent-Streaming doveva per forza di cose arrivare ad una sinergia ragionata e pianificata, secondo la notizia che voglio commentare: lo spostamento della ricerca e scouting delle scrivanie degli Uffici A&R al pollice “spara-like” dei consumatori.
Partita dalla fredda Norvegia con lo show The Stream, adesso il sistema sinergico si è consolidato e strutturato per fare lo step successivo e diventare istituzionale, un modello di business. L’accordo, stando a quanto riporta il magazine Music Business Worldwide, sancisce il patto di ferro tra Internet e Talent e avvengono così “matrimoni” tra alcuni di essi e Spotify. Sarà il pubblico direttamente a decretare vincitori e perdenti dal proprio smartphone attraverso non solo Youtube, ma attraverso Spotify. Il sistema dei like diventa grande e passa dalla fase amatoriale alla fase sempre più di marketing vero e proprio.
Sembra che la discografia che conta abbia siglato l’accordo. I vecchi dirigenti A&R saranno poco più di funzionari passa-carte. Perdendo così tutto il sapore della ricerca, dello sviluppo e valorizzazione dei talenti in erba. Cosa porterà tutto questo? Sicuramente un senso di orizzontalità che prima no c’era, se non dopo la pubblicazione di un lavoro musicale.
Forti di esempi come Justin Bieber e Adele (e da noi Fede&Benji) la community online sarà giudice e cliente al tempo stesso. I gusti del momento e la loro immediatezza saranno la chiave che può aprire o meno le porte del successo. Quanto poi possa essere concreto e duraturo è prematuro dirlo. Ma la storia va avanti, non possiamo fermarla. Forse a volte è già un successo riuscire a comprenderla mentre avviene. Già adesso il marketing sta entrando sempre più prepotentemente nel mondo fai—da-te dei giovani artisti, offrendo possibilità sconosciute fino a pochi anni fa.
Si moltiplicano corsi e workshop sull’uso più professionale e secondo tecniche industriali di autopromozione, crowdfunding, trasferendo know-how del mondo Advertising nel mondo della musica, in cui gli attori principali sono gli stessi artisti col rischio di erodere tempo, spazio e risorse alla spontaneità artistica fondamentale. Così succede che gli artisti sono sempre più imprenditori di se stessi e della loro arte. È un segnale evolutivo molto forte.
Dove possa portare però, “lo scopriremo solo vivendo”. Ma il futuro, che lo si voglia o no, è sempre più “orizzontale”
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