di Dero de Rosa
Ogni giorno migliaia di persone affrontano inenarrabili peripezie per assistere a concerti della durata media di neppure centoventi minuti.
La partecipazione a questo genere di eventi avviene in condizioni precarie e sfavorevoli in termini di spazio vitale, condizioni igieniche, nonché di effettiva godibilità visiva e acustica della performance.
In realtà da un esame freddamente razionale emerge un fatto chiaro e inoppugnabile: non esiste alcun buon motivo per andare a un concerto (perlomeno di musica leggera). Potrà sembrare una provocazione, ma proviamo ad entrare nel merito.
Innanzitutto consideriamo che recarsi ad un concerto comporta enormi lati negativi in termini di:
- Tempo: sia quello impiegato per gli spostamenti, il parcheggio, le file e l’attesa, sia quello sprecato ad ascoltare canzoni della scaletta che non vi piacciono o i momenti in cui il frontman si lascia andare ad accorati quanto improbabili appelli per sensibilizzare il pubblico sul rischio di estinzione della zanzara pestifera del Benin, o su qualsivoglia causa egli ritenga particolarmente vitale per l’evoluzione della civiltà.
- Denaro: biglietto, viaggio, parcheggio, cibarie, immancabili gadget, varie ed eventuali. Ora, c’è chi dirà che il denaro non è il bene più prezioso, ed è vero, ma proprio schifo non fa.
- Disagio: fra la ressa, il tempo atmosferico, le code per i bagni, la presenza di vicini di posto incapaci di comportarsi civilmente, la fatica fisica e mentale accumulata, e, più in generale, la sensazione di essere trattati come mucche in un carro bestiame, un concerto può trasformarsi in un esperienza altamente incubica.
A fronte di tali svantaggi (certi), i frequentatori di concerti sottolineano una serie di vantaggi (dubbi). Proviamo ad esaminarli partendo dalle classiche frasi che costoro utilizzano per motivare le proprie scelte. “Vado a quel concerto perché…”
- “È un’esperienza”. Con questa frase non solo lasciate trasparire che del concerto in sé e per sé, della musica, non ve ne importa un fico, ma ammettete candidamente che ci andate solo per fare un po’ di casino in mezzo al marasma generale, magari alterandovi psicologicamente con sostanze atte allo scopo. Potreste conseguire gli stessi obiettivi, e in modo ben più agevole, economico e sostenibile, recandovi alla più vicina Sagra del Tortellino.
- “Voglio vedere Tizio dal vivo”, dove Tizio è il nome dell’artista o della band protagonista dell’evento. L’uso del verbo “vedere” è rivelatore: non si aspira ad andare al concerto di Tizio per ascoltare la sua musica, ma, appunto, per scorgerlo (e peraltro da lontano). Si tratta insomma di un vero e proprio culto della personalità al limite della idolatria, sganciato da qualsiasi legittimo interesse artistico. Facciamo notare al riguardo che il web sarà senz’altro pieno di fotografie e filmati del vostro caro Tizio. Nel caso in cui il fatto di intravederlo in carne ed ossa abbia per voi una qualche valenza feticista, suggeriamo di spostare l’oggetto dei vostri desideri in qualcuno che possa essere incontrato più facilmente, per esempio il netturbino o la commessa del negozio di alimentari.
- “Mi piace la musica di Tizio”, risposta che sembrerebbe a prima vista ragionevole. La stessa musica, tuttavia, la potete ascoltare comodamente dal vostro computer o tablet con una qualità sonora talora persino superiore, e senza dover sopportare ominidi bercianti e sudati che si accalcano di fronte al palco o si producono in danze vagamente scimmiesche. Caso a parte vale per quegli artisti che propongono brani riarrangiati rispetto al disco, eventualità che ci consentirebbe di assisteremmo a un qualcosa di effettivamente nuovo; purtroppo ciò accade alquanto raramente.
- “È emozionante”, certo, proprio come un bel film, una cena a lume di candela, una passeggiata in un bosco, un rapporto sessuale, un buon libro, eccetera. Ci sono un sacco di cose emozionanti con molte meno controindicazioni.
- “Ci sono coreografie e/o scenografie stupende”, la stessa cosa che un neonato potrebbe dire delle apine colorate che gli girano sopra la testa. In pratica preferite annusare il fumo piuttosto che mangiare l’arrosto (non a caso, nei concerti la macchina del fumo non manca mai).
- “È un evento irripetibile”. Proprio no: nell’epoca digitale tutto ciò che può essere registrato e condiviso è perfettamente ripetibile. E, con tutti gli smartphone in circolazione, state tranquilli che non avrete difficoltà a trovare qualche filmato.
- “Essere lì dal vivo è un’altra cosa” / “C’è un’energia…” / eccetera. Ovvero baggianate misticheggianti e vagamente new age. Essere o non essere in un certo posto per assistere a un certo evento può fare differenze oggettive solo qualora l’evento in questione sia una calamità naturale o un attentato terroristico, e anche in questi casi è di gran lunga preferibile non esserci. L’energia di cui dovreste preoccuparvi è quella della batteria del vostro cellulare che, a forza di foto e filmatini, andrà ormai svanendo.
Tirando le somme è evidente come la nostra tesi sia ampiamente dimostrata e suffragata dai fatti: non ci sono buoni motivi per andare a un concerto, tranne forse uno: ovvero che non servono necessariamente buoni motivi per fare qualcosa.
Per cui, in conclusione, siete liberi di sentirvi tutti i concerti che volete – però poi non dite che non vi avevamo avvisato!
Facebook Comments