“Ogni giorno mi sveglio
in una casa costruita da schiavi
e guardo le mie figlie,
due belle e intelligenti
giovani donne nere,
che giocano con il loro cane
sul prato della Casa Bianca”
PAROLE DA BRIVIDI quelle di Michelle Obama alla Convention dei democratici ieri. Parole davanti a cui non si può rimanere indifferenti, parole autorevoli, parole che sfondano i petti e arrivano dritte al cuore, parole che mi hanno fatto ricordare un’altro storico discorso, quello del reverendo Martin Luther King nel 1963, il famoso discorso del “I have a dream“.
King disse:
“Io ho un sogno, che i miei quattro figli piccoli vivranno un giorno in una nazione nella quale non saranno giudicati per il colore della loro pelle, ma per le qualità del loro carattere. Ho un sogno, oggi!”
E il cerchio ieri è sembrato chiudersi, con le parole di questa grande donna che in un passaggio del suo discorso, il passaggio più toccante, ha detto:
“La storia di questo paese, la storia che mi ha portato su questo palco stanotte, è la storia di generazioni di persone che hanno conosciuto la frusta della schiavitù, la vergogna della schiavitù, la ferita della segregazione, ma che hanno continuato a lottare e a sperare e fare quello che era giusto fare. Per questo oggi io ogni mattina mi sveglio in una casa costruita da schiavi e guardo le mie figlie, due belle e intelligenti giovani donne nere, che giocano con il loro cane sul prato della Casa Bianca…“.
Ed io ho pensato “caro reverendo King, saresti stato orgoglioso oggi, saresti stato felice di questo traguardo…il tuo sacrificio non è stato vano“.
Ebbene si, ieri mi sono emozionata ascoltando in TV quell’appassionato discorso in quella Convention, evento che dovrebbe incoronare un’altra First Lady, ex First Lady, come candidata alla corsa per la presidenza degli Stati Uniti d’America, prima donna nella storia dell’America.
Ma la vera donna che è riuscita a risplendere su quel palco è stata un’altra, è stata LEI, Michelle, sembrava lei la vera candidata alla presidenza, lei…una donna che da sola con la sua presenza ha riempito il palco, galvanizzando tutti con un discorso pieno di una passione travolgente, sentita, toccante.
Sicuramente il discorso della signora Obama è di quelli che saranno citati e studiati in futuro, uno di quei discorsi che rimane negli annali, una sorta di discorso da statista, uno di quelli che fa la storia e vince il tempo.
Lei, di fronte ad un’assemblea combattuta e divisa, con i tempi giusti, il ritmo giusto, presenza giusta, le pause cariche di enfasi, scandendo bene le parole e guardando l’assemblea a testa alta con lo sguardo fiero, è riuscita a riunire la platea, ha acceso i cuori, ha parlato di razza, di genere, e ovviamente di orgoglio nazionale, e passaggio dopo passaggio è riuscita a tenere sempre alta l’attenzione, toccando spesse volte, le corde più sensibili di chi l’ascoltava, mentre in tanti, compreso la scrivente, non sono riusciti a trattenere le lacrime.
Lei ha parlato di “ottimismo”, di bisogno di ottimismo, in questo momento particolare, ponendo se stessa quale esempio dell’ideale americano. La sua storia è la storia di questo Paese, ha affermato, sottolineando i traguardi raggiunti socialmente, in merito ai diritti:
“Ed è grazie a Hillary Clinton che le mie figlie, e tutti i nostri figli e figlie, oggi danno per scontato che una donna possa diventare il presidente degli Stati Uniti”.
E non sono mancate le parole che hanno affossato totalmente Trump. Sempre parlando delle sue figlie, ha ricordato di quando Donald Trump, nel 2008, mise in discussione la cittadinanza americana di Obama e la sua fede, insinuando che fosse musulmano:
“Abbiamo spiegato loro che quando qualcuno è crudele e si comporta come un bullo, noi non ci abbassiamo al suo livello. No, il nostro motto è che contro i colpi bassi, noi voliamo alti“.
E ha concluso dicendo con fierezza:
“Pertanto non consentite a nessuno di dire che questo Paese non è grande e che dobbiamo in qualche modo renderlo di nuovo grande perché al momento è il più grande Paese della terra“, e il riferimento a Trump è stato palese.
Hillary è apparsa davvero uno, due, tre gradini sotto Michelle, sotto ogni punto di vista, colei da votare non perchè è il meglio, ma per evitare il peggio…perchè la Clinton, benché intelligente e sicuramente capace, è assolutamente priva di quel carisma che servirebbe a respingere lo tzunami TRUMP, un carisma che servirebbe per arrivare sopratutto ai cuori dei più giovani, quelli che di solito, apatici, non vanno nemmeno a votare, perchè non si è dato loro nulla in cui credere, nulla per cui lottare, cosa che Michelle sarebbe stata assolutamente capace.
In molti hanno pensato ieri sera che se al posto di Hillary ci fosse stata Michelle, alla corsa per la Casa Bianca, non ci sarebbe stata storia né per Trump e né per tutto il populismo arrogante e pericoloso che ha accompagnato la sua disgustosa campagna elettorale.
E prima di spegnere la televisione ieri sera ho pensato: “è questo che manca in questo momento storico, mancano figure e personalità forti, trascinanti, carismatiche, vere, che non spaccino populismi per realtà o cura per ogni presunto male, mancano leader appassionati che riescano a trascinare prima di tutto le menti della gente e poi i cuori e le passioni verso gli ideali più nobili…mancano figure che diano ai sogni il vero sapore della speranza e la voglia di lottare per essi“.
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