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venerdì, Dicembre 6, 2024

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La musica che gira intorno

di Serena Iannicelli

Uno non ci pensa, ma i genitori quando noi si nasce sono dei ragazzi, e la prima colonna sonora della vita ce la scrivono loro.

Mio padre nella sua stanza aveva un Giradischi Philips e un Revox. Mi aveva insegnato ad usarli e io passavo pomeriggi fantastici ad ascoltare dei 78 giri di vinile pesante, poi i primi 45, con copertine orrende ma accattivanti, col faccione del cantante in posa sempre pensosa o adorante.

I 78 giri erano invece custoditi in buste di plastica blu, che papà comprava alle Messaggerie Musicali. Altro luogo magico della musica: si entrava in una cabina, si metteva la cuffia e si ascoltava il disco prima di comprarlo, se si avevano i soldi per farlo. Altrimenti lo si riconsegnava o si chiedeva di “metterlo da parte“.

A papà piacevano Jacques Brel, Yves Montand, un numero imprecisato di americani, i Bobby Solo e C. , ma soprattutto Roberto Murolo. Appena lui usciva da casa mia zia piombava sul Philips con il suo jazz e la musica in casa cambiava completamente: Jelly Roll Morton, Ornette Coleman, John Coltrane, Charlie Parker e quelli che allora mi sembravano miagolii di Billie Holiday.

Io avevo una grossa radio che mettevo di notte sotto al cuscino per ascoltare Radio Lussemburgo, e un mangiadischi di plastica arancione. “Clok” quando il 45 giri entrava, “swish” quando usciva. Mi piacevano gli italiani, i New Trolls, i Camaleonti, Battisti, la Caselli, Gianni Morandi, l’Equipe 84 (avevo una cotta per Vandelli) …Mio padre inorridiva.

Si metteva al pianoforte (sì, si aveva anche quello…uno Stichel a parete tutto arzigogoli, che aveva attraversato l’Oceano quando la mia famiglia si era trasferita in Italia) e mi dimostrava la pochezza di alcuni accordi o la scemenza di alcuni testi. Non era un musicista, faceva l’ingegnere, e suonare era la sua parte morbida.

Ero una ragazzina fortunata, perché i miei  andavano spesso in America o in Inghilterra e mi riportavano chi un James Taylor, da noi ancora sconosciuto, e chi un Love Me Do dei Beatles. Non c’era un momento che la musica non attraversasse le stanze della nostra casa.

Anche oggi la prima cosa che faccio al mattino è metter su una playlist di Spotify attaccata all’impianto, o un cd al quale metto un repeat di default.

Non so perché scelgo una cosa o un’altra, la musica percorre vie misteriose dentro di noi. È come un inconscio con le note. Se mi fermo a pensare mi fa capire come sto, cosa ho di troppo e cosa mi manca, se sono allegra o depressa senza accorgermene.

Detesto infatti chi ne parla con fredda tecnica o chi la usa solo per far soldi.
Ma ormai, con l’età, mi accorgo di detestare troppe cose.

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