di Milena Monti
Gli AC/DC hanno dato così tanto alla storia della musica
che ne fanno senza dubbio parte e se il 9 luglio, ad Imola, sono stati o sono sembrati “scarichi”, “vecchi”, “ormai andati” (tutti termini utilizzati sia da alcuni colleghi giornalisti sia da qualche fan insoddisfatto), va ricordato che non sono saliti sul palco per dare ma piuttosto per darsi.
Un bagno di folla li ha aspettati prima per anni (dal 2010 non facevano tappa nel Belpaese) e poi per ore all’interno di quello che l’organizzatore Claudio Trotta ha definito “un enorme spazio immerso in un polmone verde”: l’Autodromo internazionale Enzo e Dino Ferrari di Imola.
Gli AC/DC erano a Imola, e sono in tour, soprattutto come tributo ai loro fan e come tributo di loro stessi. Poco importa, dunque, se hanno sbagliato qualche nota, ritardato un attacco o due e se la voce di Brian Johnson non è la stessa degli anni Ottanta (ma i riff di Angus Young, giovane dentro capace di suonare in piedi in salto e perfino sdraiato a terra, quelli sì che sono fantastici da sempre!); sono una leggenda vivente e viva, e da tali vanno trattati e sono stati trattati ad Imola.
Del resto è aumentata anche l’età media sotto al palco, dove molte erano le famiglie perfino con figli sotto i dieci anni. Ma c’è stato divertimento per tutti, soprattutto al suono di You shook me all night long, Highway to hell e Hells bells, probabilmente il motivo per cui i più erano ad Imola dentro o fuori l’autodromo.
Già perché oltre i 90 mila paganti di cui si sapeva dallo scorso dicembre, ben 2 mila persone omaggiate a vario titolo hanno preso parte all’evento. Per non parlare dei tantissimi rockettari (impossibile contarli!) che si sono riversati all’esterno delle mura del circuito, soprattutto in Zona Rivazza, per vedere e/o sentire le note di alcune delle canzoni più famose del mondo.
Oltre il concerto, un’atmosfera unica e riuscita. Notevoli la scenografia con 5 maxi-schermi e fuochi d’artificio, intelligente la scelta dell’audio per cerchi concentrici di casse in maniera da far assordare i primi come gli ultimi.
Ma un plauso va anche alla città di Imola che (salutati da anni l’Heineken Jammin’ Festival ma anche Formula1 e MotoGP) ormai da tempo non è più abituata ad eventi di tale portata. Eppure la città non ha perso la mano, o meglio non ha perso la “cartola”, come si dice proprio ad Imola: tutte le aree sono state perfettamente pulite in poche ore, il deflusso del pubblico è durato più del concerto (che è durato due ore, ndr) ma nessuno stato d’animo particolarmente negativo né fra i fan né fra i cittadini ha rovinato la festa.
Dopo il concerto, e il suo successo, si fa un po’ più vera quella che resta comunque solo un’ipotesi per il futuro: Bruce Springsteen.
L’indiscrezione è uscita qualche giorno fa per una furba interpretazione di un discorso dell’organizzatore Claudio Trotta, che comunque posto sotto interrogatorio dalla stampa non ha confermato né smentito. “Ce lo vedete Bruce a stare per tre anni a casa?”, ha ironicamente domandato anziché rispondere. Imola è così felice dell’evento AC/DC che già aspetta quel giorno. E chissà mai che non possa tornare anche un festival…
Come hanno scritto colleghi illustri del mondo della musica, gli AC/DC sono “una band che merita comunque di essere vista almeno una volta nella vita” e quello di Imola è stato “un evento da ricordare a lungo”.
Per chi c’era e per chi no, dunque, di seguito c’è il link alla mia diretta dal concerto, seguita per il sito di informazione imolese sabatosera.it—>QUI
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