di Nino Tristano Pirito
Venerdì 10 aprile sera, al Porto Antico di Genova, sono andato ad ascoltare il concerto “Piano 3 generations“, con Bacalov, Bollani, Pizzo. Tre pianisti straordinari, di tre generazioni diverse, come da titolo.
Ho provato grandi emozioni, perché sono tutti di caratura mondiale e, anche, perché da 50 anni (dai tempi della “mia” RCA) Bacalov mi onora della sua amicizia e del suo affetto.
Grandi emozioni, dicevo, ma anche una curiosa sensazione di disagio. Ho avuto l’impressione, infatti, che proprio Bacalov si trovasse un po’ spiazzato dalla geniale gigioneria di Bollani, troppo “pazzo” per uno come Luis che è rigoroso e perfezionista. Pizzo, invece, sembrava complice di quella meravigliosa follia bollaniana.
Tutti e tre sono accomunati dalle capacità – diverse ma di altissimo livello, oltre che tecniche ed artistiche – di contaminare i generi: tanghi, musica popolare argentina e centro-americana, composizioni originali, jazz, musica popolare napoletana. In un crescendo di invenzioni, spesso spiazzanti (e non solo per gli ascoltatori), che hanno reso il concerto un coacervo di mondi intersecati, solo in apparenza lontani tra loro.
Voglio solo rimarcare la dolcezza e la forza di Bacalov, l’istronismo non solo musicale di Bollani e la poeticità di Pizzo. Non posso dimenticare le versioni di “Tammuriata nera” e di “Era de maggio“. Ho pianto, di nascosto, sulle note del tema de “Il Postino” (Oscar per Bacalov), e di aver spesso goduto come un pazzo sugli “scherzi” d’improvvisazione di Bollani.
Alla fine, dopo un bis che non era stato neppure preparato (un brano di Piazzolla se non ricordo male), ho aspettato i tre per salutarli. Ma si sono attardati a scendere nella hall dell’Auditorium e io sono tornato a casa, zoppicando (maledetto ginocchio!), con la sensazione che avevo assistito ad un evento unico, a qualcosa che non si ripeterà. Ovviamente mi auguro con tutto il cuore di sbagliarmi, ma credo che quello di Genova rimarrà un esperimento, riuscitissimo per noi, ma meno, forse, per i protagonisti. Sì, perché c’erano momenti in cui non capivo se i tre artisti facessero finta di essere vagamente a disagio oppure se lo erano veramente. Bollani e Pizzo, ne i “cinque“– impressione mia – dimostravano la complicità cui ho accennato, mentre Bacalov, pur tentando di adeguarsi, mi è sembrato, in fondo, poco felice e un po’ più solo degli altri due.
Ripeto, mi auguro di sbagliare, come mille volte mi è capitato nella vita e nella professione, sia di musicista sia di… giornalista.
Ma solo il futuro potrà dimostrarlo. Solo se il “Piano 3 generations” si ripeterà ancora e altrove.
Io spero di sì. I tre non possono negare al pubblico una meravigli come questa. Forse devono SOLO provare di più i “fuori programma“, musicali e non.
Arrivederci, ragazzi. Non traditeci.
Facebook Comments