Si fa un gran parlare del Tetto RAI che stabilisce non più di 240mila Euro all’anno ai Vip che vanno in onda sulle sue reti pubbliche.
In tanti si scandalizzano, soprattutto quelli che guadagnano già oltre un milione l’anno come la Clerici, Vespa, Fazio, Conti, Annunziata e tutto il cucuzzaro dei “famosi”. Tirano la giacca al mercato sostenendo che la Rai con il tetto agli ingaggi, perderebbe inevitabilmente ascolti e introiti pubblicitari. In realtà della Rai gli importa assai poco, se non come cliente erogatore. A coloro sfugge il semplice fatto che la Rai, essendo azienda di Stato, non può parametrarsi con le aziende private, anche per il banalissimo motivo che i loro faraonici stipendi sono pagati dai cittadini tramite il famigerato canone.
In un Paese civile il servizio pubblico dovrebbe essere persino gratuito ma questo è un mistero pari al lessico di Luca Giurato. Ora la palla passa al direttore generale Antonio Campo dall’Orto che dovrà trattare con il ministro dell’economia Padoan, che già non sa più dove trovare i soldi per ridurre il debito pubblico. Pagherei un pezzo di canone in più per assistere alla riunione (con un registratore digitale nel taschino).
Già mi immagino l’imbarazzo di Campo Dall’Orto, uomo notoriamente renziano, che cercherà di alzare il tetto degli ingaggi dei Vip di mamma Rai per non perdere i pezzi dei suoi “pregiati” palinsesti. Antonio Campo dall’Orto ha la fama di essere un buon diplomatico, ma potrebbe anche scappargli una frase tipo:
“Caro ministro non è che io sia andato alla Leopolda per fare a meno della Clerici. L’anno prossimo chi ci metto a Standing Ovation? Marzullo o un tenente dell’aeronautica?”
Non vorrei essere nei suoi panni, come del resto in quelli di Padoan a cui potrebbe scappare questa replica:
“Secondo lei alla rete pubblica tedesca la Clerici potrebbe interessare? Potremmo vendergliela in cambio dei diritti tv della Bundersliga”.
Se così fosse, la riunione in diretta tv e in prima serata potrebbe fare più share di Sanremo, ma ovviamente non la vedremo, nè conosceremo mai le dovute indiscrezioni, nemmeno leggendo Dagospia.
Non ci resta quindi che interrogarci su un semplice quesito. Vale ancora la regola che chi porta ascolti sono i semplici conduttori? O è altrettanto vero che sono i buoni programmi a portare gli ascolti quasi indipendentemente da chi li conduce? E’ un interrogativo che ci portiamo dietro da qualche decade e a cui non sappiamo ancora dare una risposta. Indubbiamente il conduttore e gli ospiti hanno un peso importante in ogni programma, evento o format che siano.
Ricordo una polemica storica a proposito di una vecchia edizione di Telethon in cui Lucio Dalla chiese un alto compenso per la sua partecipazione, motivandolo che durante la sua apparizione la “colletta fondi” sarebbe salita considerevolmente. In quel caso si parlò di scandalo perché si trattava di beneficenza, ma la sostanza rimane. Se faccio più ascolti merito un compenso più alto. Secondo le logiche di mercato non fa una piega.
Oggi però, in cui la crisi economica, iniziata nel 2008, permane ancora mettendo in crisi il lavoro in ogni comparto industriale, televisione compresa, il problema andrebbe gestito con maggiore attenzione e sensibilità. Il fatto però di cui nessuno parla, Aldo Grasso compreso, è che la qualità dei programmi è davvero scesa al minimo storico. Standing Ovation ad esempio è davvero un programma scadente sotto tutti i punti di vista. Un format che potrebbe costare almeno un terzo di quello che effettivamente costa. Nella Rai attuale non si vede nessun racconto dei tempi che stiamo vivendo. Sembra la stessa televisione degli anni ottanta, dove perlomeno, c’erano più programmi originali e meno format stranieri. Inoltre la Rai, nel corso della sua storia (così come Mediaset), si è dotata di strutture costosissime (sedi regionali, studi, etc) molto spesso poco utilizzate, nonché di esuberi di personale costosi quanto l’Alitalia, se non di più.
In un mondo che va verso una comunicazione tecnologicamente avanzata e in costante evoluzione (microcamere, cellulari ad altissima definizione, etc…) e verso una fruizione sempre più veloce, istantanea, breve e mobile, non ha più senso gestire economicamente un meccanismo così faraonico e complesso. In molte case, ormai, il televisore funge da schermo del pc.
Se la televisione generalista non si metterà al passo coi tempi, sarà destinata inevitabilmente al fallimento, per due semplici motivi: costi ingestibili e mancanza di qualità dei programmi. Va ripensata l’offerta complessiva e attuata una spending review spietata. Gli studi, le scenografie milionarie, il pubblico che applaude a comando, sono preistoria. La concorrenza l’ha capito da tempo. Broadcast come Fox, Discovery, Sky, hanno pochissimi programmi realizzati in studi televisivi, quei pochi utilizzati sono peraltro in affitto. I programmi si realizzano in location esterne come ristoranti, locali, strade, stadi, fabbriche, persino centri commerciali.
Il costo maggiore di questi programmi riguarda le figure professionali (conduttori, cast artistico, registi, autori, direttori della fotografia, montatori, grafici ) e la post produzione, sempre più accurata, che necessita di tempistiche sempre più lunghe, ma sono costi facilmente ammortizzabili poiché la maggioranza delle produzioni sono date in appalto ai grandi produttori come Magnolia, Freemantle ed Endemol che anticipano i costi sostenendo anche elevati rischi di impresa. In questo scenario, presente e futuro, la Rai ha un’occasione d’oro per mettere in atto una inevitabile spending review peraltro “imposta” dal governo, che può risanare il bilancio e insieme rinnovare e innovare i suoi palinsesti. Dove si comincia a tagliare? Dalle star televisive ovviamente, che in tempi di crisi, non possono giovarsi più di tanto, dalle lusinghe della concorrenza, molto più attente al fatturato della Rai.
Anche se noi italiani non abbiamo memoria storica, ricorderemo tutti che Berlusconi, nella seconda metà degli anni ottanta chiese alle sue star un taglio del 20% sui loro onerosi contratti in esclusiva.
Aderirono tutti, da Mike Bongiorno a Raimondo Vianello, perché conservare degli spazi privilegiati in un network in forte sviluppo era più importante che buttarsi a vanvera sul mercato. In Rai avrebbero comunque guadagnato meno. Trent’anni dopo la storia potrebbe ripetersi in Rai.
Certo non si parla di tagli del 20% ma del 70/80%, per cui l’operazione sarà durissima. A noi telespettatori, ignari “azionisti” da canone, potrebbe anche non interessare affatto; invece è un problema serio, perché gli italiani sono l’unico popolo al mondo capace di stare in fila per ore nella speranza di farsi fare un autografo da una star televisiva.
Negli anni ottanta, il pubblico veniva pagato per assistere a uno show. Si chiamavano “figuranti”. Arrivavano vestiti a festa, passavano tre ore in una salone d’attesa, poi li su buttava in mensa a mangiare pasta scotta e pollo arrosto e alle 14.00 tutti in studio fino alla fine delle registrazioni. Giornate estenuanti, ma perlomeno a fine mese gli arrivava una seconda pensione o quasi. Oggi il pubblico ci va gratis e già mangiato e nel peggiore dei casi paga pure il biglietto, come se una registrazione televisiva fosse un normale spettacolo teatrale o un concerto. Il pubblico televisivo generalista vuole le star. Le ama e le pretende.
Ho visto gente fare debiti per comprare un biglietto al Teatro Ariston. Come potrebbe altrimenti guardare programmi come Standing Ovation, Porta a Porta, Tale e quale? Come potrebbe la nota casalinga di Voghera fare a meno della Clerici, di Bruno Vespa e di Carlo Conti? E’ tutto molto interessante, canterebbe qualcuno.
Azzardo una previsione. Non cambierà nulla. La televisione generalista, per funzionare, deve rimanere immobile e uguale a sé stessa. L’occasione per cambiare la Rai è storica, forse irripetibile, ma non accadrà niente. Rivedremo le stesse facce, perché i loro contratti saranno spalmati e prolungati, come è già accaduto nel calcio e, guarda caso, in Parlamento. Qualcuno ha sentito parlare di tagli alla casta dei politici? Si, si, se ne parla… se ne parla… se ne parla… se ne parla… se ne parla…
Cara casalinga di Voghera, non si preoccupi, grazie al suo canone pagato sulla bolletta della luce, potrà rivedere le sue star preferite. Forse, un giorno, potrà ricevere via mail anche gli autografi tanto sognati.
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