di Athos Enrile
Veniva rilasciato l’ 11 ottobre del 1971 il singolo “Imagine”, uno dei brani più conosciuti e significativi della storia della musica.
“Ora capisco quello che dovete fare: passare il vostro messaggio politico usando un po’ di miele.”
Happy birthday, @johnlennon. @aliciakeys performs ‘Imagine’ live in #TimesSquare with a message of hope and love. pic.twitter.com/C7AOX1SFmH
— Times Square (@TimesSquareNYC) 10 ottobre 2016
Così disse John Lennon a proposito di “Imagine“, un capolavoro, oltre ad essere stato il singolo di maggior successo della sua carriera da solista. Il brano è stato riproposto successivamente da artisti di ogni genere, da Liza Minnelli a Stevie Wonder passando per Neil Young e Lady Gaga, e lo si è ascoltato in alcuni dei più grandi eventi in tutto il mondo: Olimpiadi, manifestazioni per la pace e contro la fame nel mondo.
L’impatto della canzone è indiscutibile, e il messaggio di “pace e amore” cela alcune idee che sfidano la società così come la conosciamo. E allora la dolce ballad di Lennon è diventata un inno in tutto il mondo, buona per tutte le occasioni e per tutti i momenti difficili, che sono sempre floridi.
Lennon compose la canzone in un’unica sessione, seduto al suo pianoforte a coda bianco, mentre Yoko Ono lo osservava comporre. Fu poi registrato nel suo studio di casa, con l’aiuto di musicisti come Alan White, Klaus Voorman, Nicky Hopkins e il produttore Phil Spector.
Il brano era contenuto nel secondo album solista di Lennon nell’era post-Beatles, dopo che ”l’esordio”, John Lennon/Plastic Ono Band, non aveva portato a rilevante successo commerciale, se paragonato al debutto di Paul e George.
Tutto cambiò con “Imagine”.
Lennon ricoprì le tracce di tutta la dolcezza che mancava nel primo disco, riuscendo a mascherare la natura politica del suo messaggio: anti-religioso, anti-nazionalista, anti-convenzionale, anti-capitalista. In altre parole, era la sintesi di tutto quanto frullava nella testa di John in quel momento storico. E tutto ciò si rovesciò su quello che si può considerare il suo album più importante.
Come Lennon stesso diceva, “Imagine” è complessa. Al primo ascolto è facile pensare ad essa come qualcosa di facile presa: una ballata, una canzone di pace, una melodia per pianoforte. Ma il richiamo alla voglia/necessità di pace spinge a idealizzare qualcosa che sembra inimmaginabile nel mondo in cui viviamo. La lirica diventa rivoluzionaria senza che la parola” rivoluzione” venga mai chiamata in causa, e questo assume grande rilevanza nel nostro mondo attuale, forse più in certo di quanto non lo fosse nel 1971, quando fu scritta la canzone.
Viviamo un’era fatta di conflitti senza fine e avremmo tutti bisogno di immaginare un unico grande paese senza confini, senza odi legati alla religione, con un bene comune soddisfacente per tutti.
Può una canzone passare dallo stato di “denuncia” a quello di leva che guida l’azione?
Sono passati molti anni – 45 per la precisione – da quell’11 ottobre del 1971 e i segnali non sono confortanti: forse trattenere la poesia e gli intenti di Lennon può servirci a non dimenticare le occasioni perse, e forse il mondo migliore, prima o poi, arriverà!
“You may say I’m a dreamer
But I’m not the only one
I hope someday you’ll join us
And the world will live as one”
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