di Athos Enrile
Provo ad uscire dagli schemi… trovo fantastico questo ”IV” ma capisco che non sia poi così semplice, né da spiegare né da “afferrare”… ma ha qualcosa di magico che mi spinge a sollecitare la curiosità di lettori.
Diciamo intanto che…
“Psychic Temple” è un culto.”Psychic Temple” è una band. “Psychic Temple” è una visione singolare realizzata da alcuni dei migliori artisti del pianeta, o almeno è questo il concetto utilizzato dall’etichetta discografica per enfatizzare un ensemble che, in ogni caso, mi appare notevole. “Psychic Temple” è anche un progetto di registrazione guidato dal noto compositore, produttore e polistrumentista Chris Schlarb, artista eclettico il cui lavoro si appoggia spesso sulla libertà musicale consentita dal jazz e dalla sperimentazione, ma che sotto il marchio “Psychic Temple” diventa più accessibile ai comuni mortali.
Le registrazioni dei Psychic Temple, quindi, combinano elementi tradizionali del pop, della musica americana e del jazz più canonico, con le influenze più avventurose di Schlarb. Schlarb ha lanciato il moniker del Psychic Temple nel 2010, attraverso un album intitolato semplici ente “Psychic Temple”, e da quel giorno ne è passata di acqua sotto ai ponti!
Sottolineo come Chris Schlarb’s Psychic Temple sia un collettivo in continua evoluzione, con una linea up cangiante che include decine di musicisti e una vasta gamma di stili eclettici. Attraverso il jazz, il country e il folk pop, il gruppo mantiene una concezione musicale cosmica. Nel 2016 la band ha rilasciato un più accessibile full-length (Psychic Temple III) oltre a cover di Brian Eno (Music for Airports) – punto di riferimento per la musica “ambient” – e Tears for Fears (“Everybody Wants to Rule the World).
E arriviamo a “IV”, 37 minuti di musica suddivisa su 10 brani.
Tra i tanti protagonisti del disco troviamo la leggenda popolare britannica Terry Reid, l’autore di canzoni indie pop Avi Buffalo e il batterista jazz Chad Taylor (Chicago Underground Duo), ma appare chiaro come il “Temple” si basi sullo sforzo collettivo e non sulla performance del singoli membri.
Le canzoni dell’album sono generalmente “morbide” e sognanti, talvolta richiamano gli stili indie contemporanei, ma una caratteristica certa è la grande differenziazione che le distingue.
Qualche esempio:
L’inziale “Spanish Beach” è un lento intimistico con accenni di nacchere e tromba che conduce alla musica mariachi.
“Wait for Me” presenta un mood più gioioso, con un ritmo ossessivo, galoppante, tra tastiere brillanti e significative armonie vocali.
“Turn Off the Lights” è un’altra traccia da evidenziare, con un groove in ebollizione e note sitar che aggiungono un tocco mistico a tutta la struttura.
“S.O.S.” è un pezzo di largo respiro, ripreso dal singolo cult rilasciato lo scorso anno.
La strumentale”Isabella Ocean Blue” cesella l’album, un pezzo pieno di intriganti fraseggi di chitarra jazz e note di organo in sottofondo.
Curiosamente, molte delle tracce dell’album finiscono prematuramente, lasciando il posto a brevi code strumentali che sembrano non correlate alle canzoni, riuscendo però a creare un’atmosfera onirica che permea tutto il disco.
Forse questo piccolo ascolto darà un senso concreto alle mie parole.
Coraggio, ricerca e libertà: voto massimo per questo disco.
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